domenica 30 dicembre 2007

Bukavu (Repubblica Democratica del Congo)



Da agosto ad ottobre 2006 sono stata a Bukavu, ad est della RDC, al confine con il Rwanda. Era il periodo a cavallo tra il primo e il secondo turno delle elezioni presidenziali, le prime elezioni democratiche dopo 37 anni di dittatura, 10 di guerre e 5 di governo di transizione.
Ho fatto ricerca su alcuni gruppi di donne che scelgono di organizzarsi e mettere in pratica tecniche di agricoltura e allevamento "moderne" e ce la fanno, grazie all'aiuto dell'organizzazione presso la quale ho operato, il Comité Anti-Bwaki (bwaki=rosso, come i capelli dei bambini malnutriti).
Ho deciso di riportare alcune parti del mio diario di viaggio, perché mi è impossibile condensare in poche righe un'esperienza intensa come quella che ho vissuto...


...Data la scarsità di televisioni possedute dalla popolazione congolese, la campagna si svolge per lo più nelle strade, in un clima festaiolo di musica e colori. Chiunque può fare campagna per un candidato, alla guida di una jeep tappezzata di fotografie e munita di megafono o casse per emettere le canzoni dei candidati, che ricordano alla lontana le canzoni dei cartoni animati. La gente balla e la canzone più orecchiabile non solo diventa il “tormentone musicale” del momento, ma si guadagna parte dell’elettorato. I candidati fanno regali alla popolazione e i congolesi li accettano anche se in cuor loro sanno che non voteranno per quel tale.
Per le strade di Bukavu si possono vedere in vendita poster di Kabila, calendari con le immagini più significative della vita di Kabila, gente con cappelli a visiera con la faccina di Kabila, adesivi di Kabila sui cellulari, magliette col suo nome stampato sopra. A Bukavu, tutti in casa, di fianco alla foto
di Gesù Cristo tengono una foto di Joseph Kabila, l’uomo che ha ridato loro la pace...

... “ Stavo tornando da scuola. Dovevo raggiungere mia madre che lavorava nel campo prima di tornare a casa. Eravamo sei ragazze. Gli Interahamwe ci hanno prese sul cammino e il comandante mi ha scelta come moglie. Arrivate al campo le altre cinque ragazze sono state violentate. Due non riuscivano più a camminare così le hanno uccise, costringendomi a tener ferma una delle due mentre l’ammazzavano. Hanno cotto una parte della loro carne con delle banane e mi hanno forzato a mangiarla. Sono stata con loro tre settimane. Ero la donna del comandante, ma in sua assenza gli altri, per vendicarsi, mi picchiavano e violentavano. Poi un giorno sono riuscita a fuggire, ma la mia fuga è costata la vita di tre mie compagne. Mi hanno cercata a casa, ma io non ero più là: hanno ucciso mia madre e le mie due zie. Ora mi cercano e non posso più tornare a casa. Mia sorella dice che verrà a prendermi quando ci sarà la pace. ”...

…Ragazzi discoli e scafati con un’intrinseca furbizia nello sguardo, risultato di una vita vissuta cercando modi per cavarsela da soli. Degli ometti, più che dei bambini, nel senso negativo del termine: un’infanzia mai conosciuta veramente.[…] I bambini vengono abbandonati per mancanza di mezzi finanziari, per accuse di stregoneria o perché il genitore si risposa e il piccolo non viene accettato dalla nuova famiglia; ci sono i figli dei militari, i bambini di indole difficile…[…] Tra i piccoli seduti composti nella stanza, uno piccoletto con delle braghette azzurre di lana cotta che gli cascavano mi ha "adottata". Inizialmente io ero stata attratta da una "bambolina" con abito di pizzo, ma il piccoletto mi ha fatto capire che dovevo subito metterla a terra per prendere lui, riuscendo infine a conquistarmi, seguendomi all'uscita piangendo e perdendo ripetutamente le braghette!...

…Io pensavo che più o meno tutti i bimbi visti fino a quel momento fossero malnutriti. Invece ho fatto un grave errore: un bimbo malnutrito è uno spettacolo "raccapricciante". Ha il corpo coperto da ematomi neri-violacei in cui si scavano dei buchi che lasciano trasparire la carne, violacea anch'essa…

…La difficoltà maggiore che incontrano le donne congolesi (e le africane in genere) è il trasporto dei carichi. Una donna arriva a trasportare addirittura 80 kg sulla schiena, per un percorso che può durare anche tutto il giorno. E ovviamente poi deve svolgere tutte le mansioni domestiche mentre con buone probabilità il marito si sta divertendo in compagnia degli amici davanti ad una birra. Il Comité Anti-Bwaki ha quindi importato degli asini dal Kenya sfidando la mentalità dei congolesi per cui il pelo di asino, se cade nel cibo, fa ammalare le persone. In alcuni casi il progetto è stato ben accolto e uno di questi casi è a Nyantende. Qui ci sono almeno dieci asinelli, molto che viaggiano solitamente in coppia. Un asino riesce a trasportare il carico di tre donne e ciò che una donna trasporta in una settimana l'asino la trasporta in un giorno solo...

…Il bambino congolese ha in media otto fratelli e con i più piccoli si muove all’unisono. Sa che non saranno i genitori a risolvergli un problema e sa che spesso il suo problema è grande per lui quanto per i suoi genitori, cosa che da noi non capita, perché i problemi dei più piccoli sono quasi sempre dei piccoli problemi per i grandi.
Il bambino congolese è vestito di stracci. Tuttavia è vestito. C’è una grande dignità in questa povera gente. Le bambine hanno vestiti sporchi ma coi pizzi, bucati ma da “signorine”. I maschietti hanno magari metà pantalone ma quella metà la indossano.
Non ci sono le nonne che rattoppano i buchi nei vestiti dei nipoti, perché gli anziani sono pochi e quei pochi, come tutti gli altri, devono pensare prima a sfamarsi.
I bambini congolesi non hanno dei peluche, e non hanno neanche il triciclo o la trottola che gira o il carillon. Ma hanno la fantasia, una fantasia illimitata. Fanno girare ruote e cerchioni legando delle corde o incastrando dei pezzi di legno o ferro ad un punto della ruota e corrono felici; si costruiscono camioncini con la pietra
o con il legno, si picchiano ridendo come tutti i bambini e fanno gli stupidotti per attirare l’attenzione.
Piangono, come piangono i bambini, ma piangono per pochi secondi. I capricci sono inutili e non se ne vedono.
I bambini congolesi camminano sui cigli della strada, in gruppo ma senza grandi intorno e anche in città non vanno sotto alle macchine. Hanno imparato a muoversi da soli e lo sanno fare anche quando camminano ancora a malapena sostenuti dalla sorellina…

…“La Monuc arriva sempre quando il massacro ha già avuto luogo”, La Monuc distribuisce alimenti anche agli Interahamwe” sono i commenti più frequenti. Per non parlare del fatto che un organismo a scopo di difesa si trovi spesso a dover difendere lui stesso i propri uomini. “Noi siamo qui per affiancare lo stato. E’ questa la nostra funzione. Ma qui lo stato non c’è…Allora chi dobbiamo affiancare?”. “Noi non possiamo individuare un militare quando questo si traveste da civile. Alcune zone della RDC sono irraggiungibili, le strade non esistono, per percorrerle ci vanno tempi estremamente lunghi e i massacri avvengono spesso in questi luoghi.” sono le giustificazioni più ricorrenti. A chi dare ragione se ognuno ha la sua e questa è convincente?...

...Ho scoperto realtà che fino a quel momento avevo solamente letto.
Ho imparato che non
dobbiamo lamentarci e ho capito che tanti aspetti della vita che prima sembravano fondamentali in realtà non lo sono per nulla. Ho appreso a non disprezzare quello che non funziona da noi.
Ora la frase che ripeto con più frequenza è “ stai tranquillo
, non è grave”...


domenica 9 dicembre 2007

Bordeaux (Francia)



Ho passato a Bordeaux il mio secondo anno universitario. E anche il quarto.
E' una città che non ho vissuto, una città borghese che non ho vissuto. Che poi, di bordolesi doc ne ospita ben pochi, e ci si trovano soprattutto gi
ovani, perché è una città universitaria. Una città che mi ha sempre dato l'idea di essere costantemente "in movimento" e quindi una sensazione di instabilità, legata forse anche alla mia vita vissuta come se fossero due vite: quella italiana e quella francese.
Nel 2003 Bordeaux era una città bruttina, piena zeppa di cantieri. Poi, nel 2005 era diventata bellissima: piazze enormi, spazi curati, il modernissimo tram... Di sabato sera le strade si riempivano di ragazzini ubriachi e nel resto della settimana era possibile osservare camminando il cosiddetto "modello di integrazione alla francese" (!!) : gente originaria di paesi diversi passarsi l'una accanto all'altra, senza incrociarsi mai...
Io non mi sono mai veramente divertita e se è accaduto probabilmente ero troppo stanca per r
endermene conto. Ho studiato ininterrottamente per tutto il tempo che ci ho passato e mi dispiace per la gente che mi era accanto e che ha provato a farmi staccare la spina dallo studio senza riuscirci. Non ho mai capito come i miei compagni di SciencePo (la grande école di politica di Bordeaux) trovassero il tempo per avere anche una vita associativa oltre a quella di studenti...Il problema della vita
privata l'avevano poi astutamente risolto decidendo di "accoppiarsi" con un loro simile, sclera
to ed impegnato quanto loro...
Anche lo IEP (Institut d'études Politiques) di Bordeaux era cambiato notevolmente dal 2003 al 2005: era stata costruita "la nuova ala", con pareti azzurre e un'oscena stuttura in ferro all'interno che però, bisogna ammettere, nel contesto generale non stava affatto male...
Nel complesso una bella esperienza, una terapia d'urto senza precedenti. E' noto infatti ormai che gli studenti di Scienze Politiche di Torino che hanno partecipato al progetto di Laurea Binazionale To-Bx siano delle macchine da guerra: riescono a svolgere più lavori contemp
oraneamente, portare a termine una relazione di 10 pag. in un'unica giornata, parlare in pubblico come se fossero su un palco ed essere sempre (più o meno superficialmente) informati su tutto!
Comunque quello è stato il primo vero momento in cui, terrorizzata, ho messo il naso fuori di casa cominciando a vivere da sola (in un paese straniero) un'esperienza solo "mia".
Ed è per questo che comincio così questo blog, intitolato "marina scopre il mondo". Inizia oggi, quando, quasi laureata (tra 3 gg...agh) smetterò di essere una studentessa e partirò, per un viaggio dopo l'altro che durerà qualche anno e finirà se e quando sarò stanca ed appagata. Perché per quanto la voglia di stabilità sia forte (in contrapposizione con la vita che ho intrapreso) una volta che parti non puoi più farne a meno. Perché per quanto tu ti senta scomodo, solo, in un posto nuovo, di cui non conosci nulla tranne ciò che hai letto, la scarica di adrenalina che quella sensazione di disagio ti crea è tale che hai la necessità di riprovarla; ne diventi dipendente. E questo, secondo me, è il lato tremendo della vita che ho scelto. Ma è anche quello che più mi affascina.