sabato 2 febbraio 2013

Due ore da Recruiter

Sono di nuovo a San Francisco e collaboro come volontaria presso un'organizzazione no profit. Seppur non pagata sto però facendo un'ottima carriera. Credo che tutti al giorno d'oggi (chi per problemi di visto chi per questioni di crisi) debbano imparare ad apprezzare anche semplici gioie di questo tipo : farsi un curriculum ammirevole senza mettere da parte un quattrino! In attesa di tempi migliori...

Ed è così che da esperta in Ricerca&Valutazione di progetti di sviluppo, giovedì scorso sono finita ad un evento di reclutamento organizzato a San Francisco per studenti di master della Facoltà di Politica Pubblica di Berkely.

Appuntamento con la Direttrice Esecutiva (CEO) dell'associazione alle 18 ad un evento che, francamente, pensavo fosse un incontro informativo per studenti sull'operato della nostra organizzazione. 

Ore 17.30  la CEO mi dice che è malata. Anche se non fosse vero, come biasimarla: venire a San Francisco dalla cittadina di Oakland a mezz'ora di distanza in un'ora di punta e rischiare di rimanere imbottigliati in autostrada sotto al Bay Bridge è una motivazione più che valida per dare buca ad un appuntamento all'ultimo secondo. Ed è per questo che, dopo una penosa giornata passata a tentare di risolvere cavilli burocratici senza risultato, neppure me la prendo e, anzi, mi faccio forza grazie alla convinzione che peggio di così non possa andare e comincio a ripassare mentalmente le infomazioni sull'associazione archiviate nel cervello.

Arrivo quindi all'evento pronta a presentare l'organizzazione ad alcuni giovani studenti. Immaginandomi dietro ad una cattedra affiancata dalle altre associazioni, oppure dietro ad un microfono per un tempo ridicolo di cinque minuti (le associazioni presenti sono tantissime), mi presento con un paio di jeans e collanone fancy lungo-plasticoso acquistato in Marocco. Sono, in sostanza, una vera San Franciscan (o fricchettona, vedete voi) e mi sento molto figa. Mi è anche passato per l'anticamera del cervello di mettermi una giacca più elegante, nera, ma di quelle un po' storte che piacciono a me, per dare al tutto quel tono sull'elegante-hippy che sfocia nel radical-chic e sentirmi a mio agio nel panorama del no-profit della Silicon Valley. E menomale!!! Perché quando arrivo una massa di studenti elegantissimi (anche della mia età e più vecchi) mi si para davanti in un'ordinata fila per depositare i cappotti all'interno del maestoso Palazzo costruito in memoria dei veterani di guerra nel 1932 e dove, nel 1945 è stata firmata la Carta delle Nazioni Unite !!!

Capisco al volo che la faccenda è un po' diversa da come l'avevo immaginata. Ovunque ci sono graziosi vassoi di pietanze salate e dolci e un tavolo con ottimi vini di ogni tipo. Vado decisa al tavolo delle organizzazioni e prendo il mio badge (il distintivo) con il mio nome e quello dell'associazione che rappresento. Poi mi guardo intorno con aria interrogativa. Non sto capendo niente. Non ho mai visto una cosa del genere in vita mia e non so che cosa devo fare! Gli studenti vagano per la stanza chiaccherando tra loro o con i rappresentanti di altre organizzazioni, ognuno ha il suo badge e su quello degli studenti ci sono dei pallini colorati. Sui tavolini ci sono dei bigliettini con gli stessi pallini colorati...eih, è una legenda!! Scopro che ogni colore corrisponde ad un settore (il giallo a Sviluppo e Cooperazione Internazionale, il mio!) e che devo pescare gli studenti col pallino giallo e cercare di capire se il loro interesse nell'internazionale combacia con le attività promosse dalla mia associazione. 

Inizia il gioco.
Un po' pesco io, un po' mi riconoscono loro (riconoscono il nome dell'associazione) e quindi io comincio a raccontarne l'operato. Ma presto mi accorgo che lo conoscono già e che sono seriamente in assetto da reclutamento: conoscono le posizioni aperte per stagisti e vogliono aggiudicarsele! Ci tengono quindi a farmi vedere quanto credono nei nostri valori, missione e quanto sono bravi. Inizio a fare domande più specifiche (a caso). Una ragazza è interessatissima alla posizione che ho creato io come analista/statista che mi aiuti ad analizzare milioni di dati. Inizio a fare domande più tecniche e continuo così con tutti (pochissimi perché qui nella costa Occidentale degli Stati Uniti non c'è molta gente interessata alla Cooperazione Internazionale, stanno tutti a Boston, Washington e NY).

Alla fine raccolgo un po' di carte da visita degli studenti, qualche sguardo stupito per il mio abbigliamento, ovviamente un bicchiere di vino bianco e qualche vivanda...e due ore passano in men che non si dica. 
Risultato (elemento caro in questa parte del globo di cui quindi tengo a mostrare l'esistenza per provare che non sono una LOOOSER): trovata potenziale analista/statista con ottimo curriculum che sa anche lo swahili! 

domenica 20 maggio 2012

Bukavu 6 anni dopo: a volte si ritorna


Oggi ho rivisto la mia amica congolese. Erano sei anni che non la vedevo né sentivo. Anni fa mi ha salvata dalla prigione, quando sono stata fermata senza passaporto nel mercato di Kadutu.  Arrivata a Bukavu ho provato a comporre il suo vecchio numero di cellulare, così, tanto per vedere se funzionava ancora e mi ha risposto lei, Lydie, che ora ha 25 anni, ha appena finito gli studi in sviluppo rurale e sta cercando lavoro. L’anno scorso ha perso il padre e tutta la famiglia (madre e dieci figli) è stata cacciata dalla casa in cui viveva. Ora vive in una nuova casa che la madre ha potuto permettersi di comprare, ma non hanno più la corrente quasi tutto il giorno come prima e devono ancora montare le lampadine al soffitto. A casa di Lydie ho incontrato il fratello che si è sposato nel 2008, con la moglie e i due bambini. La bambina Benedicte di 3 anni ha cominciato a parlarmi in Swahili anche se io non le davo risposte perché non capivo. Poi con una scusa si è voluta sedere in braccio a me con l’orsetto di peluche mezzo distrutto, ed ecco che tutti hanno cominciato a fare foto in posa con la Musungu (la bianca). E’ arrivato anche il piccoletto di 1 anno che  poco dopo mi ha vomitato addosso mentre guardavo l’album di matrimonio composto da almeno un centinaio di foto tutte uguali.
Ho chiesto del presidente Kabila, grande speranza nel 2006, quando ci furono le prime elezioni dopo anni di dittatura e guerre. Solo delusione…anche lui si è rivelato una delusione…in RDC non è cambiato niente. Mi hanno offerto i beignet e poi ho portato Lydie a casa mia, dove le ho fatto il risotto. Lei mi ha detto che dove vivo io ci sono i ricchi e infatti casa mia ha un giardino enorme, vista sul lago, il generatore di corrente quando quella centrale salta, internet, acqua calda a tutte le ore del giorno e una barca.
E proprio sulla barca, oggi, mentre io uscivo con Lydie, i miei due coinquilini americani e il francese hanno deciso di trovarsi con altri espatriati per passare una spensierata giornata sul lago Kivu, poi presso una cascina in mezzo ad una piantagione di chinino, per poi rientrare a casa verso le 17.
Ma alle 19 non erano ancora arrivati…
Non volendomi preoccupare immediatamente come al solito, ho inviato un sms chiedendo se sarebbero rientrati a cena. Niente per più di mezz’ora…ho così deciso di chiamarli…cellulari staccati. A quel punto mi sono detta che forse era capitato qualcosa. Sono andata dal guardiano, che è colui che bada alla sicurezza della nostra casa giorno e notte, e quello mi ha detto di chiamare la Centrale Radio. Si è scoperto che il battello era in panne in mezzo al lago Kivu e che erano stati mandati dei soccorsi per far ripartire la batteria della barca. Dopo un’ora e mezza eccoli arrivare con le auto dell’organizzazione, inconfondibili con la loro antenna radio alta più di un metro, tutti sani e salvi e stravolti. Da brava mamma, seppure preoccupata, avevo preparato mezza cena, così si è cenato tutti insieme mangiando come al solito troppo e probabilmente il quadruplo di quasi tutta la popolazione intorno a noi.

lunedì 9 aprile 2012

Il dentista americano

Premessa - Dovete sapere che io vado dal dentista da quando ho 4 anni come le signore di una certa età vanno dal parrucchiere. Perciò mi è capitato di andare dal dentista in tutti i paesi in cui ho vissuto con quasi sempre risultati discutibili e avventure di ogni sorta.

Poiché mi era giunta voce della bravura dei dentisti americani, ho pensato di andarci anche qui in America. E devo ammettere che l’esperienza non ha pari.

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Per prenotare la visita ci ho messo una ventina di minuti: prima ho dovuto dare tutti i miei dati, poi tutti i dati dell’assicurazione sanitaria e poi tutti i dati di Andrea (a cui è intestata l’assicurazione). Nel frattempo mi sono stati proposti ben due trattamenti in offerta che ho gentilmente rifiutato, oltre che non capito del tutto.

Arrivata dal dentista ho scoperto un enorme stanzone con una decina di pazienti sotto i ferri, ognuno seduto su una diversa “sedia del dentista” contrassegnata da un numero. Anche i pazienti non hanno nomi ma numeri, ed io, per esempio, sono il paziente 66445.

Non sono riuscita a contare quanti dentisti ci fossero, poiché il posto era affollato di dentisti, assistenti e giovani studenti. Sono stata lì tre volte e mi hanno messo le mani in bocca tre dentisti diversi. Per una che in Italia va dalla stessa dentista da quando aveva 4 anni non c’è male…

Erano tutti molto felici delle mie lastre e mi hanno subito presentato il preventivo. Prima ancora di parlarmi della gravità dello stato dei miei denti si sono preoccupati di mettermi al corrente della spesa, confermando che qui qualsiasi cosa è sempre prima di tutto una questione di soldi. Soprattutto la salute, come noto.

Oltre a spaventarmi per il costo (ma rasserenarmi grazie alla relativa copertura assicurativa), sono rimasta senza parole nel guardare la lista di interventi che pensavano di farmi. Ho scelto infine il meno dannoso ma comunque utile: la pulizia dei denti.

Quando sono arrivata al nuovo appuntamento mi hanno fatta sdraiare su uno dei molti lettini e mi hanno chiesto almeno tre volte se volessi vedere un film mentre aspettavo. Posizionato proprio sopra la mia testa, stava infatti uno schermo, e accanto a me si trovava un lettore DVD. Per sembrare interessata mi sono fatta dire quanto avrei dovuto aspettare e poi ho deciso che sarei stata in grado di passare quei 10 minuti sola coi miei pensieri senza suicidarmi e ho risposto di no.

Poi è arrivato il momento della detartrasi, che io vivo con molta serenità come quasi tutte le altre operazioni dentarie. Tuttavia mi sono stupita e agitata quando ho visto che l’ossessione americana per il dolore li spingeva a farmi l’anestesia locale anche per una cosa così semplice. Mi hanno quindi anestetizzato per anestetizzarmi, mettendomi due graziose pastigliette anestetizzanti a forma di dentino rosso in bocca. Poi mi hanno iniettato lo schifo di anestesia curandosi di spiegarmi preventivamente l’entità del dolore che avrei provato ad ogni buco. E poi han finito tutto in cinque minuti di orologio lasciandomi la bocca impastata per ore. Mi hanno anche chiesto se volessi pagare tutto in una volta o a rate. Su indicazione di Andrea ho risposto “a rate”, anche se trovavo ridicolo pagare a rate 70$. Mi hanno presentato due diversi modi di pagamento a rate: 0 $ oggi, e tot e tot i due mesi successivi, 8$ oggi e tot e tot per i due mesi successivi. Ma erano seri??? Sì, lo erano talmente tanto che ho detto che dovevo studiare un attimo queste due opzioni perché non ci ero abituata. Ho finto di farmi qualche ragionamento intelligente a mente e poi ho dato una risposta a caso. Tutti eravamo felici e soddisfatti, e la mia esperienza coi dentisti americani, salvo gravi emergenze, si è conclusa.

mercoledì 27 luglio 2011

Bye London ...

Sono rientrata in Italia.
Un solo cane mi ha accolta alla porta, ormai a forma di palla e sordo. Come sempre i primi giorni mi sono sentita una disadattata, ma ho avuto la tesi a tenermi occupata e poi, dopo poco, sono saltata sull'ennesimo aereo diretto verso la Sicilia.
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Ecco, questa foto baste
rebbe a raccontare la mia esperienza a Londra.
E infatti c'è poco altro da dir
e... Ho studiato moltissimo. E' stato un anno stressante e faticosco. Non sapevo nulla di scienza o metodi analitici e ben poco di matematica. Di inglese neanche troppo... All'inizio ho avuto l'impressione che il mio cervello non potesse farcela, ma infine è ripartito!
Ho scoperto di essere forse
più portata per le materie scientifiche che per quelle umanistiche, e che l'idea di poter controllare variabili nella realtà non controllabili mi da una certa sicurezza! A volte però ho sofferto nel vedere poco apprezzate quelle che io consideravo le idee più creative...


Londra è una città davvero strana. La gente va e viene e ti passano davanti persone di tutti i tipi per tempi molto corti. Quando penso alla mia esperienza londinese in termini di relazioni sociali mi immagino seduta ad un tavolino per due persone con gente varia che, a turno, si siede di fronte a me e mi racconta qualcosa di sé. Una sorta di speed dating. Il fatto strano è che molte delle persone sedute di fronte a me esprimono disagio, cosa che, devo ammettere, a tratti mi è pesata. Ora però Londra mi manca, come tutte le città che ho lasciato. Franchina mi ha ricordato che "partire è un po' morire" e forse è vero...Ma un nuovo capitolo sta per cominciare:
San Francisco mi aspetta e chissà cosa mi accadrà! --------------------------------------------------------------------

Chiuderò il mio periodo londinese con la lista delle top-10 di Londra (i momenti di pura gioia). In questo modo descriverò anche alcuni degli innumerevoli e piacevoli eventi che la città offre e per cui vale la pena di viverci almeno per qualche tempo!



Le top-10 di Londra (i momenti di pura gioia)

1) Il Globe - Dr Faustus. Mai visti attori così bravi e coinvolgenti.

2) La serata elettronica nella chiesa sconsacrata ed occupata - ho ballato senza sosta tutta la notte.


3) La metropolitana, che mi ha permesso di leggere moltissimi libri.

4) Il giorno che ho preso il 5 (su 5) a Scuola e ho rivoltato il foglio un paio di volte per convincermi non fosse un 2 e poi ho salito le scale con le palpitazioni.



5)
Incendies, il film di Denis Villeneuve - il più bello visto da anni. Dopo si è presentata l'attrice a parlare del film e a quel punto mi sono resa conto di cosa volesse dire essere a Londra.
http://www.youtube.com/watch?v=FpccF5GCzJI


6) Ludovico Einaudi e la Notte della Taranta al Barbican con Andre. Ma soprattutto la felicità di Andre.

7) Il musical di Fela Kuti (Afrobeat, Nigeria - oltre che attivista etc etc...)
http://www.youtube.com/watch?v=8eCqjkBrQ-Q&feature=relmfu


8) Il ristorante Giapu e l'aver sbagliato ad ordinare per ben tre volte i salmon skin roll che sono qualcosa di terribilmente disgustoso (tra i gamberettini per le tartarughe e i croccantini per gatti, per capirci).


9) Pranzi e cene a La Cantine da Gabi a Ealing Broadway - che clima familiare...

10) Hampstead Heath con il sole e con Samby (una bevanda ancora poco nota che farà moltissima strada).

martedì 25 gennaio 2011

London (dedicato a Red Fox)


Vorrei cominciare dalla pasta per i dolci, quella già pronta che si compra al supermercato.
In Marocco mia moglie Claudia (la mia coinquilina) la faceva a mano, col burro e i biscotti. Talvolta la compravamo ed era quella frolla da stendere con il mattarello.
In California la si trovava già a forma di torta per donne in carriera e non si poteva rimodellare, solo mettere in forno...
A Londra non l'ho mai trovata.
Me ne hanno indicata una simil-sfoglia nel frigo e mi è sembrata quella per torte salate. L'ho fatto subito presente ma la commessa mi ha detto che era perfetta anche per i dolci e che però, secondo lei, avrei dovuto farla a mano perché ad un corso di cucina le avevano insegnato così e io non potevo neppure immaginare quanto fosse buona.

Le ho detto che per farla ci voleva tempo...e io il tempo non l'avevo...

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Non ricordavo più che cosa significasse studiare dai tempi di SciencePo Bordeaux.
Terminato il Ginnasio mi ero detta che mai più avrei studiato così tanto in vita mia. Poi mi sono ritrovata a Bordeaux: 9 /18.00 tutti i giorni, se andava male lezione fino alle 19.45.
Ricordo che quando ho saputo di aver finito stavo morendo soffocata dalla gioia in Stazione Centrale a Milano. Mi sono detta che non avrei mai più studiato così tanto in vita mia.
Forse dovrei imparare a mordermi la lingua...

Da settembre 2010 vivo a Londra, in un appartamento enorme con una ragazza canadese della mia età che ama guardare la televisione e cucinare per ore imbrattando l'intera cucina e senza pulire.
Al mattino, prima ancora che la mia sveglia suoni alle 7.30, la colonna sonora del telefilm Glee mi obbliga ad aprire gli occhi. La mia coinquilina Johanna sta uscendo per recarsi alla scuola elementare dove insegna ai bambini con difficoltà di apprendimento e mi lascia la TV accesa sulla BBC One, dove trasmettono un Tg che è una via di mezzo tra Uno Mattina e La Vita in Diretta con Michele Cucuzza...

Alle 8.30 mi chiudo il cancello alle spalle e mi dirigo verso la metro. Londra è piena di gente.
Faccio la stessa strada due volte al giorno e le facce sono sempre diverse. Tranne due: quella del barbone vicino alla stazione della metro con il suo mastino napoletano col berretto di lana, e quella di un signore molto distinto sui 60 anni magro e alto con il cappotto nero e una cartellina sotto braccio che tutte le mattine alla stessa ora fa il mio stesso percorso in senso opposto.
La mia zona è piuttosto disordinata, con una massa di africani, indiani, pakistani, est-europei in movimento. In realtà l'ho scelta perché mi ricordava la Medina di Rabat che, anche se mi sono lamentata per anni del casino, mi manca (e di conseguenza mi manca anche Porta Pila a Torino).

Alle 9.30 sono finalmente a scuola: la London School of Hygiene and Tropical Medicine, nome altisonante per un antico palazzo con degli insetti giganti di ferro battuto riprodotti sulle mura esterne. Mostro il mio pass al guardiano che dovrebbe ormai conoscermi alla perfezione, ma che non mi fa entrare finché non glielo mostro, e sono dentro.

Dalia, Nathalie, Lisa e Shreena sono le mie amichette preferite. La prima, libanese, vuole occuparsi di questioni riguardanti cancro e inquinamento in Libano. La seconda, francese, ha una borsa di studio pagata da Medici Senza Frontiere (beata lei!) e spera di tornare in Costa d'Avorio. Lisa, texana, sta cercando un modo di vivere a Nairobi e al momento si occupa di Acqua e Igiene. E Shreena, londinese di origini indiane e con un'intelligenza emotiva superiore alla media, è dentista ma vuole lavorare nel campo della salute sessuale.

Poi ci sono Sukarma (indiano), Adrian e Claudia (colombiani), Habab (sudanese) e Elvis (camerunense) che mi fanno un sacco ridere quando - se per caso c'è il sole - ci sediamo a prendere il caffé sul muretto della scuola e parliamo finalmente di tutto tranne che di malattie o di modi per prevenirle (di curarle non si parla mai perché PREVENIRE E' MEGLIO CHE CURARE, ricordalo se stai leggendo e USA IL PRESERVATIVO).

Inglesi non ne conosco. Li vedo, li saluto ma dopo una settimana facevano già gruppo tra di loro e sono diventati impossibili da avvicinare.
In generale l'inglese medio mi sembra assente, salvo quando si ubriaca e vomita per le strade o sbraita al pub.
In queste situazioni tendo ad estraniarmi, per non passare la serata a chiedermi come si fa ad essere così imbecilli. Spesso però è capitato che me lo domandassi di giorno, quando l 'inglese medio evita di chiederti gentilmente di spostarti se per qualche motivo ti pianti immobile in mezzo alla strada. Lui semplicemente ti si ferma dietro e aspetta, per cortesia...per non disturbare...

La mia giornata scolastica termina alle 19 circa - se va bene. Dopo rientro a casa, ceno e studio di nuovo. Se va male mangio a scuola uno di quei terribili cibi pronti che in quasi tutte le lezioni mi sconsigliano vivamente di consumare e continuo a studiare in biblioteca, di solito con Dalia. Se decidiamo di farci un regalo capita che usciamo e andiamo a mangiare una vaschetta di sushi di fianco alla scuola, per dare una botta di vita alla giornata!

Nonostante la mole di lavoro continua ed estenuante, nei week mi obbligo ad uscire come ho sempre fatto, il più possibile, con gente varia che va e viene in continuazione: Sibilla, vecchia compagna di merende a Bordeaux; Ivan, che mi ha gentilmente ospitata al mio arrivo a Londra; Ilaria, ex-collega di mia zia, che mi diverte raccontando le vicissitudini della sua coinquilina Dolores; Giulia, che mi propone sempre cose interessanti che spesso però non riesco a fare; Ruggero, Francesco e David conosciuti tramite la mia cara amica Carla, che dicono di essere fisici ma assomigliano più a dei cabarettisti; Roberta, ex-compagna di università con cui condivido la passione per l'Africa; Enrichetto, ufficialmente mio damo da compagnia - senza benefits - con cui parlo dei gravi problemi che affligono il nostro mondo e le nostre menti senza capire perché ne parlo.

Sono anche venute a trovarmi tantissime persone: prima Andrein, pur odiando la fredda e senza mare Londra, a sorpresa per il mio compleanno; Mariletti (Maria Letizia), collega del Marocco con cui sono andata in giro per Londra i primi giorni; mia moglie Claudia direttamente dal Marocco che si è comprata un cappottino rosso vintage da portarsi alle feste a Rabat; l'altra Claudia ex collega del Marocco, grande mangiata vietnamita e seratona rock and roll; Carla e Silvia che mi hanno ricordato i tempi del liceo e quanto siamo cambiate pur volendoci sempre bene; Beppaso Sara Danielina Vanessa Enzaccia con fidanzati parenti e amici (14 persone tutte insieme !!); SaraMela che mi ha rallegrato le giornate; Agnese che ha infuso nella casa un clima familiare; Carol col fidanzato Marco ricordandomi i bei tempi dell'Università; mammut e pappus che mi hanno riportato casa a Londra e presto anche Karine da Parigi. Che bello essere a Londra!!

domenica 12 settembre 2010

Italia - Torino

Sono rientrata in Italia dopo 2 anni e 3 mesi e ho stentato a credere che fosse davvero come l'ho trovata. Dapprima non ci ho voluto credere e quindi mi sono girata dall'altra parte. Poi mi sono fatta coraggio e l'ho guardata: faceva pena. E ancora di più facevano pena gli Italiani, tutti. Sia quelli che da sempre vivevano solo per se stessi, sia quelli che, ormai stanchi, avevano deciso di non interessarsene più. Tra questi c'ero anche io, che l'avevo proprio abbandonata...

Sono rientrata nel boom degli scandali, sembrava una nuova Tangentopoli (oppure la stessa), ma nessuno questa volta si era preso la briga di fare nulla. La gente non leggeva più i giornali e quindi neppure si indignava. O se si indignava sembrava talmente rassegnata, da non avere nessun impulso a far qualcosa. Tra questi c'ero anche io, purtroppo, che mi giustificavo dicendomi che tanto me ne sarei andata presto.

Sono ritornata in piena crisi economica...ho trovato un contratto occasionale di 20 giorni e ho fatto volontariato, con alle spalle 2 anni di esperienza di lavoro. Nel frattempo scoppiava l'emblematica questione di Pomigliano, che abbiam guardato in TV da spettatori, o fregandocene o spiegandocela come una buona soluzione in questi tempi di crisi...

Poi è scoppiata la crisi politica...Fini dopo anni ha capito che era tempo di dire la sua...e siamo al punto che a molti che si dicevano di sinistra sembra quasi meglio immaginare di dare il consenso ad un uomo di destra piuttosto che alla sinistra.

Nel mio quotidiano ho trovato un'Italia arrogante, di gente che risponde male per le strade, che anche a Torino (nota come città il cui senso civico è il più alto in Italia), quando in macchina, non rispetta più i pedoni. Di gente scazzata e sempre più individualista.

Ho poi notato una cosa interessante: i Torinesi. Essendolo anche io, non avevo mai fatto caso al loro atteggiamento, ma ora che sono straniera in qualsiasi parte del mondo li ho guardati da una prospettiva diversa. Numerose volte, in passato, ero stata sbeffeggiata da italiani non-Torinesi per la mia freddezza e il mio apparente distacco . Rientrata mi sono divertita ad osservare i Torinesi da"esterna": una leggera diffidenza iniziale, un separare il rapporto professionale da quello personale, e una schiettezza che può sembrare durezza. A me sono piaciuti comunque, ma forse perché anche io sono così! :)

Vi lascio con una bella canzone:
http://www.youtube.com/watch?v=7kB3UnKEy9Q&feature=related

martedì 3 agosto 2010

Sognando (?) California - parte 2

Non sono più in California da un bel po', ma, a ripensarci, mi sembra di aver conosciuto un mondo che difficilmente avrei potuto notare, per occasione e preconcetti.
Per questo sono contenta, perché ho imparato qualcosa di nuovo, anche se a volte mi sono dovuta infilare in pensieri profondi per non mettermi pubblicamente le mani nei capelli, o sospirare durante le cene animate da discorsiche non volevo sentire...

Insomma, sono finita nel mondo del business, di cui non sapevo nulla e di cui nulla volevo sapere.
Ho conosciuto, ad esempio, quelli che grazie all'MBA prenderanno il lavoro a gli scienziati politici che sognano di occuparsi di microfinanza...E guadagneranno davvero tanti soldi.

La cosa peggiore mi son sembrati proprio questi soldi...tanti, troppi. E un distacco totale dalla realtà, anche per chi vuole occuparsi del famoso social business. Immaginavo che esistessero stipendi del genere, e una parte della società che, crisi o non crisi, continua a guadagnare...ma vederlo è un'altra cosa...

Devo però ammettere che la gente mi è sembrata più stabile di quella conosciuta in giro a cooperare e a volte mi è sembrata anche meno ipocrita...(questione di coerenza...).

Farò qui una sintesi dei fatti più significativi a me accaduti in quei tre mesi...

  • Ho visto file di barboni addormentati a fianco dei grattacieli di Los Angeles, mentre buttafuori facevano selezione per una festa privata (ebbene sì, a cui ho partecipato con abito da sera)...
  • Ho mangiato hamburger in ogni fast food presente sulla strada, provandoli tutti, anche quelli considerati più sani e genuini...
  • Ho fatto party in maschera, ascoltato musica scadente che mi è anche piaciuta, comprato preparati al supermercato...
  • Mi sono fatta regalare 4 dollari da uno sconosciuto su un bus perché non avevo resto, e regalarne altri 5 da un a famiglia di immigrati perché non mi funzionava la carta di credito...
  • Ho partecipato ad una manifestazione contro una Chiesa Battista indipendente che paragonava gli ebrei al diavolo (erano 5 persone) osservando i classici cartelloni studenteschi di protesta che si vedono nei film (il tutto si è concluso con canti e balli)...
  • Ho preparato una torta con il fondo di pasta frolla già in formato torta che, da brava italiana, ho provato comunque ad impastare distruggendolo...
  • Ho fatto S. Francisco in bicicletta rischiando la vita nelle salite di China Town...
  • Ho visto gli stand in cui è possibile farsi fare la ricetta per fumare la marijuana legalmente a scopo terapeutico...
  • Ho preso la patente (e quindi ho imparato che: non si deve sparare a caso fuori dai finestrini, non si deve fumare con un minore di 18 anni in auto, non si devono bere alcolici in auto neppure se si è il passeggero, onde evitare di offrire un sorsetto di birra al conducente)!