Oggi ho rivisto la mia amica
congolese. Erano sei anni che non la vedevo né sentivo. Anni fa mi ha salvata
dalla prigione, quando sono stata fermata senza passaporto nel mercato di Kadutu.
Arrivata a Bukavu ho provato a comporre
il suo vecchio numero di cellulare, così, tanto per vedere se funzionava ancora
e mi ha risposto lei, Lydie, che ora ha 25 anni, ha appena finito gli studi in
sviluppo rurale e sta cercando lavoro. L’anno scorso ha perso il padre e tutta
la famiglia (madre e dieci figli) è stata cacciata dalla casa in cui viveva. Ora
vive in una nuova casa che la madre ha potuto permettersi di comprare, ma non
hanno più la corrente quasi tutto il giorno come prima e devono ancora montare
le lampadine al soffitto. A casa di Lydie ho incontrato il fratello che si è
sposato nel 2008, con la moglie e i due bambini. La bambina Benedicte di 3 anni
ha cominciato a parlarmi in Swahili anche se io non le davo risposte perché non
capivo. Poi con una scusa si è voluta sedere in braccio a me con l’orsetto di
peluche mezzo distrutto, ed ecco che tutti hanno cominciato a fare foto in posa con la
Musungu (la bianca). E’ arrivato anche il piccoletto di 1 anno che poco dopo mi ha vomitato addosso mentre guardavo l’album di matrimonio composto
da almeno un centinaio di foto tutte uguali.
Ho chiesto del presidente Kabila,
grande speranza nel 2006, quando ci furono le prime elezioni dopo anni di
dittatura e guerre. Solo delusione…anche lui si è rivelato una delusione…in RDC
non è cambiato niente. Mi hanno offerto i beignet e poi ho portato Lydie a casa
mia, dove le ho fatto il risotto. Lei mi ha detto che dove vivo io ci sono i
ricchi e infatti casa mia ha un giardino enorme, vista sul lago, il generatore
di corrente quando quella centrale salta, internet, acqua calda a tutte le ore
del giorno e una barca.
E proprio sulla barca, oggi,
mentre io uscivo con Lydie, i miei due coinquilini americani e il francese hanno
deciso di trovarsi con altri espatriati per passare una spensierata giornata sul
lago Kivu, poi presso una cascina in mezzo ad una piantagione di chinino, per
poi rientrare a casa verso le 17.
Ma alle 19 non erano ancora arrivati…
Non volendomi preoccupare
immediatamente come al solito, ho inviato un sms chiedendo se sarebbero
rientrati a cena. Niente per più di mezz’ora…ho così deciso di chiamarli…cellulari
staccati. A quel punto mi sono detta che forse era capitato qualcosa. Sono
andata dal guardiano, che è colui che bada alla sicurezza della nostra casa
giorno e notte, e quello mi ha detto di chiamare la Centrale Radio. Si è
scoperto che il battello era in panne in mezzo al lago Kivu e che erano stati
mandati dei soccorsi per far ripartire la batteria della barca. Dopo un’ora e
mezza eccoli arrivare con le auto dell’organizzazione, inconfondibili con la
loro antenna radio alta più di un metro, tutti sani e salvi e stravolti. Da
brava mamma, seppure preoccupata, avevo preparato mezza cena, così si è cenato
tutti insieme mangiando come al solito troppo e probabilmente il quadruplo di
quasi tutta la popolazione intorno a noi.
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