Ieri sono quindi andata al cinema e ho visto un film messicano molto carino, Pieces détachées (titolo francese) che trattava il tema dell'emigrazione, in particolare minorile.
Ho pensato di tradurre un articolo (di Mohamed Akisra), uscito sul giornale marocchino Le Matin e di metterlo nel blog. Parla dei bambini migranti e si riferisce ad un'intervista fatta in Marocco. L'articolo era in origine più lungo, ma io ho preso solamente alcune parti che ritenevo maggiormente interessanti.
Migranti a 10 anni
La maggior parte dei minori intervistati hanno tra i 13 e i 16 anni. I più giovani (10 anni) sono originari di Tangeri, ma l’età media è di 15-16 anni. La maggioranza aveva già lasciato la scuola e lavorava in atelier o in fattoria. Il 15% degli intervistati sono bambine. Si vestono come maschi e sono esposte allo stesso tipo di aggressioni fisiche e sessuali. La più giovane ha 12 anni e la più grande 17. La presenza di giovani ragazze nel porto è indice della crescente “femminizzazione” del fenomeno della migrazione infantile, già menzionata in diversi studi. La maggior parte dei bambini intervistati sono andati a scuola (solo l’8% non è mai stato scolarizzato) La maggioranza ha lasciato la scuola al 6° anno di scuola, ma già prima della rottura definitiva cominciava ad assentarsi oppure il suo rendimento scolastico era minore. Le cause principali di abbandono dichiarate dai minori, sono il cattivo trattamento, la mancanza di motivazione, la scarsità di risorse economiche, le prime esperienze di lavoro e la migrazione.
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Contributo finanziario delle famiglie
Secondo l’inchiesta la maggior parte delle famiglie dei bambini candidati alla migrazione sono famiglie numerose, in cui vi sono in media 5 figli. Il 40% dei minori sottolineano l’assenza di uno dei genitori per decesso, divorzio, abbandono della famiglia (questo solitamente da parte del padre). Queste situazioni provocano un disequilibrio emotivo e una condizione di precarietà economica, soprattutto se il genitore assente era il capo famiglia. Il 50% delle famiglie vive con un reddito mensile medio di 1500 dh (circa 150 euro). Il 30% si trova in situazione economica precaria e non può quindi soddisfare i bisogni sociali di base. La maggior parte delle famiglie ignora il progetto migratorio dei figli.
Le famiglie che vivono fuori da Tangeri non sanno dove si trovano i figli e pochissime sono informate della situazione drammatica che vivono e i problemi a cui sono esposti sulla strada.
Le famiglie che appoggiano il progetto migratorio dei figli sono circa il 30% Il 70% disapprova, ma « non può fare nulla per tenere i bimbi a casa ». alcune famiglie contribuiscono finanziariamente per sostenere
i minori durante il tempo di attesa nel porto di Tangeri.
Almeno il 90% dei minori mantiene i contatti con la propria famiglia, anche se solo per telefono. Quando sulla strada le condizioni di vita diventano difficili, o che il periodo di festa si avvicina, i minori tornano a casa.
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Ribellione
Lo studio dell’emigrazione dei minori mette in luce come questi condividano un « immaginario collettivo » riferito all’emigrazione. Migrando i minori capovolgono un ordine sociale e sfuggono al controllo della società. E’ una forma di « ribellione » contro la loro « invisibilità ». e’ come se gridassero in silenzio « vado a vivere la mia vita, ciò che voi mi offrite non mi interessa ». La migrazione si trasforma perciò in un mezzo di potere che fa passare il minore da una situazione di dipendenza a quella di « decisore ».
Ricordiamo che il Marocco conta più di 3 milioni di emigrati che, con i loro transfert di denaro, costruiscono una politica micro-sociale del paese. Le rimesse degli MRE (migranti residenti all’estero) rappresentano le entrate principali per il paese. La migrazione diventa perciò una forma di promozione sociale in cui i minori acquistano un ruolo. Colui che emigra perciò “trionfa”