martedì 29 gennaio 2008

Casablanca


Nel week end siamo stati a Casablanca. Oltre all'enorme Moschea (la terza più grande di tutto il mondo), in cui non siamo riusciti ad entrare a causa degli orari, non è che ci sia molto.
Abbiamo peromangiato un buonissimo couscous a casa dei parenti di Samira, la collega di mia madre e siamo andati nell'hammam, dove ci hanno insaponati, squamati per levarci le cellule morte, impanati con i fanghi e avvolti dentro ad un cellofan e infine massaggiati, il tutto a 30 euro!!




Per il momento, data la scarsità di tempo, posso mettere qualche fotina...












lunedì 28 gennaio 2008

Abou Elkassim Britel

Questo è il documento, secondo me, più completo e più obiettivo che ho trovato sul caso.
Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00291
Atto n. 3-00291, Pubblicato il 12 dicembre 2006 ,Seduta n. 83
“Abou Elkassim Britel, nato il 18 aprile del 1967 a Casablanca, a 22 anni è emigrato in Italia, a Bergamo, dove ha lavorato come operaio. Dal 1999 è cittadino italiano;
la Questura di Bergamo nel 2000 aprì su Britel un fascicolo, avviando indagini su presunte finalità terroristiche, in quanto in casa del fratello di Abou sarebbe passato un sospetto responsabile di una cellula terroristica in Italia. Il 3 luglio del 2001, alla vigilia del G8 di Genova, la casa di Abou e Khadija venne perquisita dalla polizia;
lo stesso anno il “Corriere della sera” pubblicò la notizia del ritrovamento del numero telefonico di casa di Britel, a Kabul, in un campo di addestramento talebano, denunciando che lo stesso aveva fatto perdere le sue tracce;
Abou Elkassim Britel venne indagato dalla magistratura per presunta partecipazione all’organizzazione terroristica islamica Al Qaida avente come scopo il compimento di atti di violenza, commessi a Bergamo;
per il procedimento italiano Britel è sempre rimasto a piede libero, non vi sono state né misure cautelari personali, né misure cautelari reali. Secondo l'avvocato c'è stato anche un problema con la stampa, tanto da obbligare la difesa ad aprire un contenzioso per la pubblicazione di alcune notizie ritenute false;
nel giugno del 2001 con regolare passaporto italiano Britel si recò in Pakistan, per ragioni di studio e di lavoro. Qui lo stesso venne fermato il 10 maggio del 2002 a Lahore, per un controllo da parte dei pakistani i quali gli contestarono il possesso di un passaporto italiano falso e l'appartenenza a gruppi terroristici, anche in base alle segnalazioni della Polizia italiana;
Britel venne trasferito il 5 maggio del 2002 ad Islamabad dove venne portato per 4 volte in una villa dove si sarebbero presentati davanti a lui degli americani che lo avrebbero minacciato e gli avrebbero fatto domande sulla sua appartenenza a gruppi terroristici, soprattutto chiedendo collaborazione per una supposta guerra al terrorismo in Italia;
nella notte tra il 24 e il 25 maggio del 2002 Britel con un aereo della Cia con identificativo N379P, come risulta dalle indagini del Parlamento europeo sulle “special renditions”, venne trasportato insieme ad altri dal Pakistan in Marocco dove fu prelevato dalla Dst, i servizi segreti marocchini, e trasferito nel carcere di Temara;
per otto mesi e mezzo Britel rimane in un luogo dove non erano garantiti i diritti più elementari e fondamentali della persona, fu torturato, non fu comunicato ai familiari l'avvenuto arresto e gli fu assolutamente impedito di parlare con qualunque avvocato;
un rapporto dalla Federazione internazionale dei diritti umani sulle torture nelle carceri marocchine denunciò già nel 2004 il caso Britel, ricordando che è cittadino italiano e che è stato trasferito in segreto e torturato fino all’11 febbraio 2003 quando, senza alcuna spiegazione e senza alcuna accusa formale, fu improvvisamente liberato;
a maggio del 2003 Britel e la moglie, che è cittadina italiana, che nel frattempo lo aveva raggiunto in Marocco, si prepararono a lasciare il Paese con un documento provvisorio rilasciato dall’Ambasciata italiana, in quanto il passaporto ritenuto falso era stato sequestrato dai pakistani;
il 15 maggio 2003 Britel si apprestò a varcare la frontiera terrestre tra il Marocco e la città spagnola di Melilla, ma fu arrestato al momento del passaggio del confine;
invano la moglie e il suo avvocato cercarono notizie tramite la Polizia, che a quanto risulta sarebbe stata a conoscenza dei fatti. Risulterebbe difatti che l’Ufficio della Digos di Brescia abbia ricevuto il 22 maggio 2003 una comunicazione dalla Direzione centrale di Polizia di prevenzione (Cat. A1/2003/digos) nella quale i servizi segreti marocchini segnalavano che il signor Abou Elkassim Britel era stato fermato al confine con Melilla perché in passato indicato quale frequentatore di un campo militare in Afghanistan. Inoltre nonostante non ci fossero elementi tali da sostenere il coinvolgimento del Britel nell’attentato di Casablanca, si starebbe comunque sottoponendo il medesimo ad interrogatorio;
solo il 10 di settembre 2003 giunse alla moglie e all’avvocato la notizia che Abou era stato arrestato. Il 16 settembre del 2003, Britel, rinchiuso nella prigione di Salè, fu sottoposto a processo per banda armata e terrorismo. I quattro mesi nel carcere di Tèmara e i duri interrogatori lo portarono ad una confessione. Il processo fu molto veloce: il 3 ottobre 2003 Britel fu condannato a 15 anni di carcere. In appello, il 7 gennaio 2004, la pena fu ridotta a nove anni;
secondo il suo avvocato difensore, Britel è stato giudicato e condannato dalla magistratura marocchina, sostanzialmente, per reati di opinione e reati associativi. Non vi sono contestazioni precise che vengano svolte ai danni di Britel e l'avvocato marocchino che lo assistiva non ha potuto avere copia di nessun atto di indagine, né comprovare sia la prima che la seconda carcerazione segreta;
il 29 settembre 2006 il gip presso il tribunale di Brescia, accogliendo la richiesta del pubblico ministero per «totale insussistenza di elementi di accusa processualmente utilizzabili, che consentano di affermare che gli indagati abbiano partecipato ad un'organizzazione terroristica islamica», ha archiviato il caso;
Abou Elkassim Britel si trova tuttora detenuto nella prigione di Ain Burja, Casablanca, Marocco, dove sta scontando la sentenza a nove anni di carcere.

Alcune mie precisazioni:
1) la possibilità di estradizione non è chiaramente contemplata, il termine riferendosi al caso in cui il colpevole di un crimine si trovi in uno stato. Britel infatti in Italia è stato assolto.
2) In teoria Britel potrebbe essere trasferito in un carcere italiano per scontare la pena in maniera “più civile” ma nella pratica non esiste tra Italia e Marocco un accordo che preveda il trasferimento.
3) Ed ecco perché l’Italia sta spingendo per l’ottenimento della Grazia…che però difficilmente verrà data, per il semplice fatto che il Marocco ha bisogno di salvaguardare la sua immagine di paese islamico implicato nella lotta al terrorismo...

mercoledì 23 gennaio 2008

reading list

Poco tempo per scrivere un post sensato...
Per ora lascio il link del bel blog di Francesco (Paco).
http://frankiekonrad.blogspot.com/

venerdì 18 gennaio 2008

Che progetto scegliere?

Ho una scrivania tutta mia di fronte a Sonia, che si occupa della parte relativa alla comunicazione. Praticamente è' quasi sempre al telefono oppure spedisce mail, poveretta.
Invece io per il momento sto cercando di capire tutto quello che fa la Cooperazione Italiana (MAE) qui in Marocco, ed è abbastanza complicato perché fanno moltissime cose e ancora non mi è chiaro cosa rientra in un gruppo di progetti e cosa in un altro, cosa invece non c'entra nulla con la cooperazione italiana ma è iniziatova del re.
Da quello che ho capito la mia attività sarà, aimhé, soprattutto di ricerca e ben poco pratica (salvo qualcosa relativo alla newsletter). Nonostante cio posso partecipare a tutte le conferenze che voglio e andare con il personale sul campo a vedere personalmente i progetti.
La Cooperazione Italiana in pratica finanzia progetti che vengono gestiti o da ONG o da organizzazioni internazionali.
Per ora ci sono tre progetti che potrebbe interessarmi seguire:
1) un progetto sul consolidamento delle strutture sessuali e riproduttive.
2) un progetto sulla responsabilità sociale delle imprese gestito dall'ILO (lunedi incontro già uno dei responsabili che dovrebbe spiegarmi q.sa dei sindacati marocchini...visto che sono già esperta di Messico!).
3) il grandissimo progetto di Sviluppo Sostenibile gestito dall'UNDP, che racchiude moltissmi progetti di sviluppo in tutti i campi. Questo è interessante perché da quando è stato avviato, nel 2005, il Marocco è retrocesso comunque di tre posizione nella graduatoria UNDP sull'Indice di Sviluppo Umano (HDI). Come mai?





mercoledì 16 gennaio 2008

Rabat (Marocco)

Sono in un paese di cui non so quasi assolutamente nulla. In un'area del mondo che non conosco. E' un bell'inizio!
Per ora ho avuto l'impressione di essere sul serio a metà tra mondo sviluppato e paese in via di sviluppo: le strade ci sono, le macchine moderne anche, i prodotti tutti, pero (niente accento, tastiera francese!) la gente si ammassa ai bordi dell'autostrada; attraversa a caso, passano asini che tirano carretti, ci sono pecore, galline sulla strada...
La città è molto semplice da girare, mi manca solo il quartiere occidentale, Agdal, ma quello in cui vivo (Hassan), quello popolare (Medina) e la Casbah li conosco già abbastanza, anche se mi ci perdo ancora (ma io mi perdo ovunque, quindi nn è grave!).
I colori sono gli stessi dell'Africa Subsahariana. Cosa ho scoperto oggi? Come usare le spezie! Il cumino (che odio perché sa di ascella di uomo grasso) e il peperone nel pesce, lo zenzero e il pepe nero nella carne, la cannella nei dolci. Una simpatica signora velata mi ha illuminata.
A nessuno importa nulla se non ho il velo. Alcune donne non ce l'hanno. Ieri pero ho mentito dicendo che sono cattolica. Mi sono sentita male nel farlo (con tutto il rispetto verso chi crede), ma ho pensato fosse meglio cosi. Nessun uomo mi importuna, al massimo mi saluta o mi fa da guida per qualche minuto. Nessuno mi si è ancora attaccato ai capelli e, a questo punto, non penso succederà!

domenica 13 gennaio 2008

Kragujevac (Serbia)

Durante i primi giorni di gennaio sono stata in Serbia, a Kragujevac, la città del grifone (kraguj), che ospita quella che era la più grande fabbrica della ex-Jugoslavia, la Zastava (che era in pratica la Fiat in Jugoslavia). Oggi la Zastava ha comprato dalla Fiat il brevetto per la Punto, ma non può esportarne la produzione nell'area dell'Unione Europea. La fabbrica è stata bombardata nel 1999, ad aprile, con il pretesto che al suo interno venissero prodotti armamenti. Non c'è stato nessun morto, ma i danni sono stati enormi: moltissimi operai hanno perso il lavoro e tanti di quelli che hanno voluto dare una mano nella rimessa a nuovo degli impianti stanno oggi morendo di tumore, soprattutto di leucemia. C'è da chiedersi se è vero che l'uranio impoverito è stato usato solamente per i bombardamenti in Kosovo... Quando abbiamo varcato la frontiera in Slovenia c'era la neve. I vetri del pulmino hanno cominciato a gelare e il buio è sceso presto. Stavamo andando a consegnare denaro e regali alle famiglie degli ex-operai della Zastava, selezionate dal sindacato metalmeccanico locale con cui dal 1999 l'associazione "SOS Zastava" collabora. I soldi sono stati infilati in apposite buste a cui è stato allegato un numero corrispondente ad un pacco regalo e consegnati in occasione della cerimonia solenne che si è tenuta nella sede degli uffici della Zastava. Ognuna delle 150 famiglie beneficiarie degli aiuti ha ricevuto 150 euro che corrisponde più o meno a metà salario mensile (in media 250 euro al mese). Alcuni erano visibilmente grati. Altri probabilmente erano grati ma nello stesso tempo provavano vergogna nel dover vivere di quella che percepiscono come "elemosina". Le ragazze erano tutte ben vestite e truccate; i ragazzi, invece, erano visibilmente trasandati: magrissimi, capelli corti e tagliati male, espressione dura sul volto che però mutava completamente quando l'aprivano in un sorriso.
In molti ci hanno detto di non vedere futuro, soprattutto per i giovani, soprattutto per i figli. Non c'è lavoro e c'è tanta povertà. Rimpiangono Tito e addirittura alcuni sostengono che si stava meglio durante la guerra, quando c'era ancora la speranza che il domani potesse essere migliore. Oggi faticano a fare qualsiasi cosa. Per venire in Italia, ad esempio, devono presentarsi in Ambasciata più volte, fare richiesta per il visto, spiegare il motivo del viaggio, presentare una somma di denaro fissa in relazione al numero di giorni in cui desiderano rimanere in Italia...
Tanti si sentono ancora jugoslavi e non concepiscono il fatto di vivere in un territorio diviso da una guerra che loro non volevano combattere...
Kragujevac pullula di banche... e anche di negozi di scarpe. In una via ne ho contati 13; ce n'erano di più, ma lì mi son fermata...Per i negozi di scarpe non so cosa dire...per le banche invece non posso che pensare al riciclaggio di denaro...Tra l'altro pare proprio che un gran numero di banche sia un forte indicatore del riciclaggio...

Domani parto per il Marocco. Se ho casa laggiù ancora non lo so. Speriamo.