martedì 18 novembre 2008

Fermenti urbani

Massa Critica e Guerrilla Gardening (giardinaggio d’assalto): due fenomeni che nascono dall’esigenza di vivere la città in modo più partecipato e che nelle nostre metropoli stanno avendo un piccolo ma crescente successo.

Massa Critica è l’azione di una massa compatta di biciclette che si muove lungo le vie della città occupando lo spazio normalmente utilizzato dal traffico automobilistico, obbligando così i veicoli a motore a procedere alle velocità tipiche delle biciclette. Il termine critico rimanda a ciò che accade nelle metropoli asiatiche, in cui i ciclisti si fermano agli incroci delle strade e aspettano ad attraversare finché il numero della massa non raggiunge una quantità "critica". Si chiama invece Guerrilla Gardening la creazione di piccoli giardini piantando alberelli e fiori negli angoli di natura rimasti in città e avviliti dal cemento e dall’incuria, per recuperarli e preservarli dal degrado e dall’abbandono. Il termine Guerrilla fa riferimento alle tecniche spesso adottate dai giardinieri, che intervengono di notte e senza troppa pubblicità preventiva. Nati entrambi nelle metropoli degli Stati Uniti (il primo raduno di ciclisti critici consapevoli si tenne a San Francisco nel 1992, la parola giardinaggio d’assalto invece viene coniata negli anni settanta dagli ambientalisti di New York) e poi diffusisi in Gran Bretagna e nel resto dell’Europa, in molte città i due movimenti sono strettamente collegati tra loro, non solo in termini pratici perché condividono la stessa area di partecipazione, ma soprattutto in termini ideali in quanto il modello di urbanizzazione a cui si ispirano presenta molti caratteri in comune. Sia l’uno che l’altro sono movimenti “politici”, nel senso che l’obiettivo dell’azione è modificare il modello di sviluppo metropolitano dimostrando invece la resistenza di un pensiero alternativo, che riflette sulla condizione delle nostre metropoli e usa la fantasia per rovesciare gli schemi consolidati. Massa critica vuole essere la dimostrazione attiva di come la città sarebbe più vivibile se rinunciassimo alla dipendenza dalla cultura dell'auto. All’arroganza spaziale e uditiva del mezzo a motore si sovrappone la pacifica pedalata che produce energia pulita e ristabilisce il contatto umano, le due ruote come simbolo di un tempo vissuto con minore stress e maggiore spirito civile. Tanti sono i benefici della bicicletta: non s’inquina; si guadagna tempo; si risparmia; si circola sempre e ovunque; ci si ferma facilmente se si incontra un amico. Anche il giardinaggio guerrigliero non è solo una forma di resistenza contro il degrado urbano, quanto soprattutto un cambio di mentalità nel rapporto tra privati, pubblico e spazio. E’ un giardinaggio politico che nasce dall’urgenza di vivere in città grigie e tristi. Il farsi spettatori attenti del paesaggio urbano che ci circonda è il primo passo per divenire attori consapevoli delle sue trasformazioni. Nella maggior parte delle città si tratta di fenomeni spontanei e non di associazioni né di organismi strutturati. Piuttosto, di incontri informali di cittadini che amano pensare (e per ciò agire di conseguenza) che un’altra urbanizzazione, meno inquinante, meno triste e meno atomizzante, è possibile.A Torino questi due gruppi hanno presenze diverse. Massa Critica è sicuramente il più strutturato e vanta già alcuni anni di attività. Possiede un proprio sito internet/blog dove si segnalano orari e luoghi delle manifestazioni torinesi (di solito ogni primo sabato pomeriggio e ogni terzo giovedì sera del mese in piazza Palazzo di Città), nonché si pubblicano reportage e inchieste sulla condizione di ciclista a Torino e si linkano articoli interessanti sul mondo delle bici presi dal web. I Guerrilla Gardeners torinesi invece si chiamano Badili Badala; pur esistendo solo da pochi mesi, possiedono a loro volta un sito ma per incontrarli bisogna contattarli prima via mail; per vedere invece una loro realizzazione si può andare in Piazza Baldissera, di fronte alla stazione Dora, e cercare l’aiuola trasformata, dove i fiori hanno preso il posto di qualche ciuffo d’erba rinsecchito.

domenica 16 novembre 2008

Tutto in quella settimana ( 7 - 14 novembre)


La prima cosa che ho fatto, sabato 8 novembre 2008, non appena aperti gli occhi, è stato guardarmi un po' intorno e poi scoppiare a ridere.
La serata del venerdì era stata un'incredibile perdita di tempo ed energia ma era servita per ricordarsi quanto alla vita piaccia ripetutamente sorprenderci .

Poi, qualche giorno dopo, la pessima notizia.
Il senso di p-r-e-c-a-r-i-e-t-à e di rassegnazione, di fronte al corso di cose che non puoi fermare.
Il peggio è sempre avvertire il dolore degli altri e lasciarlo rimbalzare anche su di te nella speranza che scemi più velocemente...

Una fatica incredibile (accentuata anche dalle visite mediche) ma siamo ancora vivi, come sempre...bha...
A cosa servirà, ancora non l'ho capito...Probabilmente proprio solo a divertircisi...
(d'altronde la vita è un gioco)
:)

mercoledì 5 novembre 2008

Un ciclo storico più avanti...

SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

lunedì 3 novembre 2008

Vista dall'interno (RDC - Congo)

Bonjour Marina, Un grand merci pour ton message d'hier qui nous encourage beaucoup. Merci pour ton soutien. La situation qui prévaut au Kivu (Nord-Kivu surtout) actuellement est dramatique. Des crimes crapuleux à grande échelle se commettent devant les yeux du monde civilisé, devant les yeux de ceux-là qui chantent haut et fort la démocratie, les droits de l'homme et la justice. Le monde civilisé préfère traiter sur le même pied d'égalité des bandits et un pays qui, depuis 2006, est engagé dans la démocratie. Tout cela, parce qu'il faut s'emparer des ressources minières que ces bandits leur permettent d'avoir sans les négocier. Et l'histoire se répétera autant de fois tant que l'on n'aura pas compris les folies d'un régime à Kigali qui veut étendre le crime partout, et des multinationales qui font fortune par les massacres des populations, les crimes et le pillage en Afrique. Nous continuons notre travail, bien que les moyens deviennent limités. Mais Dieu nous aide toujours. Nous gardons bon espoir.
.................................
Ciao Marina,
grazie mille per il messaggio di ieri che ci da coraggio.
Grazie per il tuo sostegno. La situazione nel Kivu (Nord Kivu in particolare) è al momento drammatica. Crimini terribili a grande scala sono commessi davanti agli occhi del mondo civilizzato, davanti agli occhi di coloro che inneggiano alla democrazia, ai diritti dell'uomo e alla giustizia. Il mondo civilizzato preferisce trattare allo stesso modo sia dei banditi che un paese che, dal 2006, si impegna nella democrazia. Tutto questo per impossessarsi delle risorse minerarie che questi banditi gli permettono di negoziare. E la storia si ripeterà finché non capiremo le follie del regime di Kigali che vuole estendere il crimine dappertutto e delle multinazionali che fanno fortuna grazie ai massacri delle popolazioni, ai crimini e ai saccheggi che avvengono in Africa. Noi continuiamo il nostro lavoro, anche se i mezzi sono sempre più limitati. Ma Dio ci aiuta sempre. Noi continuamo a sperare.

domenica 2 novembre 2008

giovedì 16 ottobre 2008

Una giornata qualunque in Marocco

L'altra mattina dovevo andare ad un seminario. Purtroppo però, uno degli autisti del nostro ufficio non c'era e l'altro doveva accompagnare il capo da qualche parte. Insomma, una tragedia: ho preso il taxi per andare in un posto lontanissimo che, sapevo bene, il taxixta mai e poi mai avrebbe saputo trovare.

Sono salita sul taxi e ho detto "Sala Conferenze ad Hay Riad". Addio, il taxista ha fatto la tipica faccia marocchina del "Nessun problema, non ne ho idea ma abbiamo fede in Allah". Io, che ho ben poca fede in generale, ho cercato di non agitarmi già di prima mattina e gli ho promesso che avremmo chiamato l'autista al cellulare per farci spiegare dove fosse questo posto.

Fatto sta che a Rabat stanno facendo dei lavori per mettere il tram, una specie di trasformazione già vissuta pochi anni fa da Bordeaux (una delle mie varie città) e che per questo un'intera lunga via è bloccata da alcune transenne.

Il taxista ha subito imbroccato la via sbagliata trovandosi davanti alle transenne con la sua Uno blu scassata (bisogna ricordare che in Marocco in ogni città i petit taxi hanno colori diversi). Che fare? Senza neanche voltarsi in cerca di una qualche approvazione della sventurata che si trovava seduta su sedile posteriore, il taxista è sceso dalla Uno, ha spostato le transenne, è risalito in auto e ha tentato di percorrere la strada dissestata e polverosa su cui poggiava la sua macchina. Ovviamente (strano caso) una ruspa piazzata proprio di fronte a noi l'ha costretto a fermarsi e ha percorrere quei 400 metri in retromarcia.

A quel punto, l'Alonso rabattiano di turno, è entrato in crisi: c'erano solo sensi unici e noi eravamo fregati. Così, astutamente, li ha presi tutti in retromarcia, una via dopo l'altra...zac zac zac...ed eccoci finalmente nella strada principale, rischiando ad ogni angolo di essere tamponati come pirla!
Devo ammettere che ho un self control molto sviluppato e una capacità a contenere le emozioni fuori dal comune perché non ho fatto una piega, anzi, ho riposto massima fiducia in quell'uomo e ho fatto del mio meglio per trovare una qualche comicità in tutto questo.

Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. "Avverto" che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. Il comico è appunto un "avvertimento del contrario" (Pirandello, l'Umorismo)

[le foto sono quelle del week end al mare con cui si è festeggiata la fine del Ramadan]

venerdì 26 settembre 2008

settembre (tra Marocco e Italia)


Il sole a settembre mi lascia vestire ancora leggera
Il fiume riposa negli argini aperti di questa distesa
Tu mi dicevi che la verità e la bellezza non fanno rumore
Basta solo lasciarle salire, basta solo lasciarle entrare

E' tempo di imparare a guardare
E' tempo di ripulire il pensiero
E' tempo di dominare il fuoco
E' tempo di ascoltare davvero

L'amore a settembre mi ha fatto sentire ancora leggera
Il giorno sprofonda nei solchi bruciati di questa distesa
Tu lo sapevi che nessuna gioia nasce senza un dolore
Basta solo farlo guarire, basta lasciarlo entrare

E' tempo di imparare a guardare
E' tempo di ripulire il pensiero
E' tempo di dominare il fuoco
E' tempo di ascoltare davvero
E' tempo di imparare a cadere
E' tempo di rinunciare al veleno
E' tempo di dominare il fuoco
E' tempo di ascoltare davvero


L'amore a settembre mi ha fatto sentire ancora leggera.

martedì 23 settembre 2008

mercoledì 17 settembre 2008

martedì 16 settembre 2008

serate divergenti tra un Ramadan e l'altro...

Soirée Mojito chez les espagnols

Quella sera Julie ed io dovevamo portare le birre a casa di Karine, l'amica con la quale avrei festeggiato il mio compleanno (in Marocco).


Gli spagnoli, oltre ad aver partecipato ad una cena organizzata da noi portando più cibo del necessario e addirittura cucinandolo a casa nostra, si erano offerti di comprarci le birre durante un loro viaggio a Marrakech (dove, per motivi turistici, il Ramadan è meno sentito) e di accompagnarci in macchina a casa di Karine.

Consegnate le birre, inaspettatamente, ci hanno invitato ad una serata Mojito, contro ogni etica di Ramadan...!

Ftor sur la Terasse

Due giorni dopo Isolde (la mia coinquilina belga) ha invece organizzato un vero ftor marocchino (rottura del digiuno) sulla nostra terrazza: datteri, zuppa harira, dolcetti marocchini, frullato di datteri e banane...
Alle 6.45...tac...si è rotto il digiuno, al canto del muezzin che dalla tour d'Hassan intonava il lamento per l'anniversario della morte del re Mohammed V.

Alla fine dello ftor però...quando tutti se ne sono andati, noi, in terrazza, ci siamo dati alle nostre solite attività occidentali!

sabato 6 settembre 2008

Ciao Loddo!


Il nostro collega Giorgio è partito ieri. Se ne va a Strasburgo, al Consiglio d'Europa. Fortunato lui.
Questo post è chiaramente un "in bocca al lupo".

Ramadan


Il ramadan a Rabat

Il 2 settembre è cominciato il Ramadan anche in Marocco, il periodo lungo un mese in cui, dall'alba al tramonto, i musulmani non possono mangiare, bere, fumare, o avere attività sessuali. Questo significa anche che devono sforzarsi di essere discreti, modesti e leali: non devono ingiuriare, insultare o essere violenti.


Il digiuno durante il mese di Ramadan fu istituito progressivamente e fu nel 624 che la Rivelazione prescrisse la pratica collettiva del digiuno per tutto il mese. Pare infatti che il Corano sia stato rivelato durante questo mese, in una data non certa ma che generalmente si dice essere il 27 del mese. Il primo giorno dopo la fine del Ramadan comincia l'Aid al-Fitr che viene celebrato con una grande preghiera collettiva.

Lo ftor (la rottura del digiuno) qui a Rabat avviene intorno alla 19. Ci sono alcuni bar in cui ti vengono serviti i dolcetti marocchini e la zuppa harira, altrimenti, la maggior parte dei marocchini passa questo momento in famiglia. Le strade si svuotano. I negozi sono chiusi. Rimangono per le strade solo i senzatetto e chi non ha famiglia...
Il silenzio dura circa un'ora e poi tutto riprende come prima.
Io e Julie, il 2 settembre, abbiamo deciso di camminare per strada (sfidando la sorte senza saperlo) durante la rottura del digiuno. Non c'era nulla...Poca gente, noi, e la nostra macchina fotografica...

Il ramadan a casa nostra

Che almeno le riserve di Julie servano a qualcosa!
Cin cin!!!






mercoledì 27 agosto 2008

Paco in Morocco again...

E' venuto di nuovo Paco a trovarmi. Dal momento che qui l'estate è una figata abbiamo fatto due week end opposti:

il primo al mare ad Asilah, dove abbiamo affittato a casaccio una casa (tra le ultime rimaste libere in un week end in cui si teneva un festival di musica messicana), con Julie e Karine, la nuova stagista parigina dell'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati. Abbiamo sbagliato spiaggia, ma è stato comunque piacevole, anche se Julie, piccina, ha avuto i crampi alla pancia per due giorni consecutivi e io non sono riuscita a dormire la notte a causa delle risate (secondo me delle prostitute) che venivano dalla strada

e il secondo sul Toubkal, la montagna più alta del Marocco (4.167 m), che io e Paco abbiamo sportivamente scalato una domenica mattina. Partendo di venerdì abbiamo domito ad Imlil, a 50 km da Marrakech, poi, come matti, abbiamo camminato 5 ore sotto al sole cocente per arrivare ad un rifugio del Club Alpino Francese, dove abbiamo passato la notte.
Alle 5 del mattino seguente, con la nostra torcia e la nostra guida Hassan (che ci aveva già accompagnati al rifugio con la mula che trasportava i nostri bagagli), abbiamo camminato al buio tra i massi per 3 ore e, a tratti al gelo del vento, siamo arrivati a quella dannata cima. Mezz'ora e poi ritorno, per essere all'aereoporto di Casablanca per l'1 di notte. 1 ora e mezza fino al rifugio, 2 e mezza fino ad Imlil.
Mi son pigliata un'insolazione e mi sono fatta due lividi agli alluci scendendo il Toubkal di corsa. La strada dal rifugio ad Imlil me la sono fatta sulla mula (tutta di addominali), perché non avevo più gli alluci...

La casa nuova

Ho finalmente una casa, e siamo 5: Isolde (belga) e suo marito Isham (marocchino), Julie (francese), Nina (franco-giapponese) e me.
Poi c'è Zora, il cane, che riempie le mie serate di felicità perché è dolcissima e perché è allegra, come tutti i cani. L'altra sera ha fracassato il cellulare di Nina coi denti.


Oltre a noi ci sono quasi tutto il giorno gli assistenti di Isolde, i marocchini Mohammed e Fatime-Zahra e poi la cuoca/signora delle pulizie/donna tuttofare Suad (che parla solo marocchino). Insomma, non ci si può lamentare.


Prima di venire qui, però, sono stata alcuni giorni in casa della mia collega Sara, una casa di cui mi sono innamorata: accogliente, colorata, luminosa! Lei non c'era ed è stata così gentile da prestarmela.
Quanto era bella, non avrei mai voluto andarmene...!

giovedì 21 agosto 2008

L'Ufficio

Eccoci qui...belli come il sole!

mercoledì 13 agosto 2008

A confronto...

12/08/2008 (AGI)
Harry Potter e Pinocchio non sono piu' graditi in Israele, almeno nella loro traduzione in arabo proveniente dalla Siria o dal Libano. Lo ha deciso il ministero dell'industria e del commercio che ha imposto all'editore arabo-israeliano Salah Abassi di non importare piu' libri per ragazzi in lingua araba provenienti da paesi nemici storici di Israele. Il divieto riguarda quindi le traduzioni di libri come Pinocchio ed Harry Potter, ma anche di classici della letteratura araba. "Mi hanno detto che l'importazione di questi libri e' illegale", ha aggiunto Abassi che finora si procurava i testi attraverso la Giordania. Il divieto si basa su un vecchio decreto del 1939, periodo in cui l'area si trovava sotto il controllo inglese. Il problema e' che la maggioranza di questi libri sono disponibili solo in Libano e Siria. "Se queste opere fossero stampate anche in Giordania o in Egitto, paesi amici di Israele, me li sarei procurati li'. Adesso il risultato e' che gli arabi d'Israele non potranno piu' godere del meglio della letteratura".
13/08/2008 (il VELINO)
“Un personaggio a dir poco controverso, Faruq Hosni. E non certo nuovo a gaffe, polemiche, critiche. Ma questa volta il longevo e potente ministro della Cultura del Cairo (in carica da 21 anni, quasi quanto il raìs-faraone Hosni Mubarak) ha davvero esagerato. ‘Libri israeliani nelle biblioteche egiziane? — ha dichiarato il 10 maggio — Se li trovassi li brucerei io stesso’. Frasi pronunciate in Parlamento, luogo che più pubblico non poteva essere. Frasi, ovviamente, non passate inosservate. E pensare che il ministro-pittore - osserva IL CORRIERE DELLA SERA - è (era?) in corsa per la prestigiosa poltrona di direttore generale dell’Unesco. A fine 2009, quando Koichiro Matsuura lascerà i vertici dell’agenzia Onu per la cultura e le scienze, molti Paesi arabi e non (si è parlato anche di Italia, Francia e Spagna) sarebbero (stati?) favorevoli a sostenerne la candidatura. Quella frase del ministro — ex protégé di Atef Sedki (premier dal 1986 al 1996, morto tre anni fa), oggi molto vicino (si dice) alla First Lady Suzanne Mubarak, protagonista di frequenti battaglie con i Fratelli Musulmani, con i riformisti, perfino con membri del partito di governo, con quasi tutti in sostanza — ha però suscitato una vera bufera. L’ambasciatore israeliano al Cairo, Shalom Cohen, ha presentato protesta ufficiale al ministero degli Esteri egiziano. ‘Emanare un tale odio è inaccettabile, porta alla memoria le pagine più buie della recente Storia’, ha continuato l’ambasciatore, aggiungendo di ‘non aver una posizione particolare sulla candidatura di Hosni all’Unesco’.

Molto più esplicita e dura la protesta del Centro Simon Wiesenthal. Che una settimana fa ha scritto a Matsuura in persona — per mano del capo delle relazioni internazionali, Shimon Samuels — sostenendo che le parole di Hosni ‘ricordano il linguaggio e le azioni di un altro ‘ministro della Cultura’, il nazista Josef Göbbels’. E chiedendo la bocciatura di Hosni dalla gara per la guida dell’agenzia Onu. Lui non ha negato. Ma ha detto che quelle parole andavano ‘contestualizzate’. Stava rispondendo agli attacchi di un parlamentare integralista — ha detto — e sostenere che ‘avrebbe bruciato ogni libro israeliano si fosse trovato nelle biblioteche egiziane’ era ‘un’iperbole’. Un modo di dire che sicuramente tali libri non esistono. ‘Un ministro della Cultura non può chiedere di mettere al rogo nessun libro, nemmeno se israeliano’, ha continuato, pur ribadendo che una ‘normalizzazione culturale’ tra i due Paesi sarà possibile solo quando ci sarà una ‘pace giusta e globale’ in Medio Oriente. Tesi appoggiata per altro dalla stragrande maggior parte degli intellettuali egiziani, compresi i (moltissimi) che non amano certo il loro ministro (...)”.

martedì 12 agosto 2008

Super-specchi nel Sahara e il deserto illumina l'Europa

(CINZIA SASSO, la Repubblica, 12/08/2008)UNA DISTESA di pannelli solari sottili come specchi distribuiti a tappeto nel deserto del Sahara. Una ragnatela di cavi ad alto voltaggio che parte dal Nord Africa e si dirama fino al Nord Europa. Potrebbe essere questa la soluzione per i più drammatici problemi che il mondo moderno si trova a combattere: la scarsità di energia e l'inquinamento atmosferico. Se diverrà realtà quello che gli scienziati si sono raccontati nei giorni scorsi all'Euroscience Open Forum di Barcellona, non c'è più da avere alcuna preoccupazione per il futuro. Almeno della nostra vecchia Europa. Basterà carpire i raggi che infiammano il deserto, quello più grande del mondo che abbiamo proprio qui sotto casa, e trasferirli. I pannelli solari disseminati nel Sahara potrebbero infatti portare direttamente a casa nostra tutta l'energia di cui abbiamo bisogno. Energia pulita e rinnovabile. Dunque praticamente infinita e non inquinante. A un costo mediamente di 15 centesimi al kilowatt più basso di oggi. Il progetto prevede la diffusione nel deserto nordafricano di pannelli solari fotovoltaici, piantati per catturare la luce del sole in un luogo dove la sua potenza è tre volte superiore a quella che ha, ad esempio, nel Nord Europa. Basterebbe, per scaldare d'inverno tutto il vecchio continente, occupare una superficie del deserto grande quanto la Lombardia. La diffusione dell'energia così raccolta, e soprattutto il suo stoccaggio, diventano però la parte più impegnativa del piano: per trasportare l'energia dal Nord Africa a tutta l'Europa, sarebbe infatti necessaria una immensa rete ad alto voltaggio di diffusione con costi che, oggi, sarebbero altissimi. Complessivamente, il progetto potrebbe toccare i 35,7 miliardi di euro. Serviranno quindi altri studi per poter immaginare una maggiore efficienza tecnologica e costi meno proibitivi. Ma anche una spesa tanto elevata, se davvero consentisse di realizzare un sistema a zero emissioni di diossido di carbonio e in grado di funzionare fino alla fine del mondo, potrebbe essere ammortizzata. Arnulf Jaeger-Walden, dell'Istituto per l'Energia della Commissione europea, dice che basterebbe catturare lo 0.3% della luce del sole che inonda il Sahara per garantire all'intera Europa tutta l'energia di cui ha bisogno. E Giovanni De Santi, l'ingegnere nucleare italiano che a Bruxelles dirige l'Istituto, spiega che gli studi sono il risultato degli sforzi fatti per aiutare l'Europa a raggiungere gli obiettivi che si è data entro il 2020: ridurre del 20% le emissioni di CO2 e trovare fonti di energia alternative e rinnovabili. "Sarebbe - aggiunge - qualcosa di veramente assurdo se non fossimo capaci di mettere insieme le nostre risorse e le nostre conoscenze per risolvere un problema comune e drammatico". Se gli studiosi illustrano un piano preciso, e non solo un sogno, è chiaro che, per la sua realizzazione, c'è bisogno di un forte sostegno politico. Secondo il quotidiano inglese Guardian, anche quest'ulteriore passo è già stato compiuto: il premier britannico Gordon Brown e il presidente francese ne avrebbero già discusso. Sarkozy avrebbe messo la realizzazione del piano tra gli obiettivi all'ordine del giorno dell'Unione per il Mediterraneo, l'organismo che riunisce i paesi dell'area e che è stato appena battezzato a Parigi. Alcuni paesi come Spagna e Portogallo, hanno già da tempo investito nell'energia solare; l'Algeria ha avviato la costruzione di un enorme impianto che combina energia solare e gas naturale. Sono i primi piccoli passi per rompere la dipendenza dal petrolio.

lunedì 11 agosto 2008

The Visitors....

E' arrivata l'estate...e con essa sono arrivate un po' di persone a trovarmi. Io da qui ovviamente non mi muovo: c'è il sole ma a Rabat si sta bene, c'è il mare, c'è la montagna...Ci sono le ferie mentre si lavora perché qui il tempo sembra dilatato e non ti accorgi che stai lavorando...

Il primo che è arrivato è Manu. Con lui non si è fatto niente, è stato solo un week end e neanche, però si è beccato il festival di musica. Si è visto Rabat, si è chiacchierato, io mi sono presa la febbre ma prontamente mi sono impasticcata per non rovinarci il week end. Poi lui è ripartito per Madrid e io sono rimasta qui in Marocco. Ho passato più tempo a salutare Manu che a viverci insieme...quasi...

Poi sono venuti i miei simpatici genitori. Ho organizzato il loro viaggio nei minimi dettagli e con loro sono stata a Tangeri e a Marrakech, dove pareva di camminare sotto ad un phon...quasi non si riusciva a fare un passo...penso ci fossero 45°. Il resto del viaggio l'hanno fatto da soli e pare siano stati molto soddisfatti. Dopo un inizio burrascono per via del troppo tempo vissuto senza la quotidianità familiare, tutto è filato liscio. Da veri genitori mi hanno fatto anche la spesa e non c'è stato verso di riuscire ad offrirgli neanche un gelato. Mio padre ha festeggiato il compleanno, ricevendo un paio di ciabatte marocchine.

Dopo è venuto Paco, a farmi un po' di compagnia. Siamo stati a Tangeri e a Ceuta. Ritornerà e lo porterò sia in montagna sugli asinelli che al mare. Si è cuccato la crisi per la casa e mi ha consolata, per quanto ha potuto. Ci siamo ovviamente divertiti un mondo. Gli avevo promesso Volubilis, ma vabbhé...sarà per un'altra volta...(non l'ho ancora vista neanche io...)

E infine sono venute le simpatiche SaraMela e Ales (detta Gervasina) che hanno organizzato il loro viaggio alla cazzo (perché loro sono un po' alla cazzo in generale) ma che alla fine se la sono abbastanza goduta! Io le ho viste qui a Rabat e poi le ho raggiunte a Fes, dove ci siamo avventurate nell'Orrido di Friouato...ci siamo contorte ben bene per passare tra le rocce ma ce l'abbiamo fatta. Purtroppo dopo eravamo tutte e tre malate...

giovedì 31 luglio 2008

European breath...

Si è ritornati a Ceuta. Pur non avendo nessun documento che permettesse l’espatrio dell’automobile affittata da un amico marocchino, le nostre facce da occidentali, evidentemente, ci hanno permesso di oltrepassare il confine a bordo del nostro veicolo nero, senza aria condizionata.


Il viaggio a Ceuta si compie in genere, come in questo caso (e in quello scorso) per “sbloccarsi” il passaporto, ovvero evitare di doversi pagare il visto dopo 3 mesi di soggiorno in Marocco o di rischiare di rimanervi imprigionati.

Questa volta Ceuta mi è sembrata più bella, ma forse perché ne avevo abbastanza del Marocco. Ci siamo rimasti anche una sera, abbiamo mangiato cinese e siamo stati in spiaggia, dove la gente, in particolare le donne, erano libere di mostrare le loro “parti belle” a tutti.
A volte fa piacere…tornare un po’ in Europa…



lunedì 21 luglio 2008

Fuori di casa...!


Il proprietario di casa nostra ha deciso di buttarci fuori di casa un mese prima per far spazio alla famiglia.

Ci ha avvisate 4 gg prima...Ero a Ceuta quando l'ho saputo..a passare un ottimo week end. In quel momento ho avuto una delle più forti crisi isteriche della mia vita. Non tanto per la casa, ma per il senso di ingiustizia subita. Dopo aver messo in dubbio il fine ultimo del mio lavoro e il senso stesso di cooperazione allo sviluppo (e aver anche provato per la prima volta un istinto seriamente omicida) ho deciso che avrei lottato fino allo sfinimento.

Ringrazio Paco per aver avuto la pazienza di sopportare, per l'ennesima volta, uno di quei momenti in cui divento ingestibile.
Riporto ora, in fomato copione, il seguito della vicenda.


Personaggi
P : portiere
Z: Zoir (il proprietario)
A : Alessia (la mia conqui)
M: Marina

Suonano al campanello. Marina si alza dal divano, sapendo già cosa le aspetta, e va a vedere dallo spioncino. E’ il portiere, il più furbo e stronzo fra tutti.
Chiama Alessia che sta prona collassata nel suo letto.
Aprono. Il portiere le avvisa che sotto le aspetta Zohir per le chiavi.

Scendono mettendosi d’accordo su come agire: cominciare secche sbraitando per dargli una lezione e poi magari mollare un po’ per ottenere qualcosa.

(la maggior parte delle battute viene detta sbraitando)


A: Allora…
M: Comunque non ci si comporta così. Si decide da un momento all’altro che deve venire la famiglia e si da un preavviso di 4 gg…Ci va almeno un mese di preavviso.

Nel frattempo il portiere, l’unico che può fare da interprete con arabo e francese si è defilato.
A: Troviamo una soluzione…ci lasci la casa ancora qualche gg…
M: Capisce? Adesso secondo lei io cosa devo fare senza casa??? La prossima mi si libera tra un mese, lei non ha rispettato gli accordi…
A: Troviamo una soluzione, dai Marina
M: bhé, per me la soluzione migliore sarebbe rimanere qui ancora un mese…No, una strigliata gli fa bene, cazzo, deve capire che si è comportato come un bastardo, perché nn se ne sta mica rendendo conto…

Passa il portiere e a gesti dice a Marina di fare meno chiasso…
M (gridando): No no, voglio che tutti sentano quello che ha fatto perché non ci si comporta cosi! Sa a quanti marocchini ho chiesto? Mi han detto che qui si usa dare minimo un mese di preavviso

Alcune ragazze curiose del palazzo danno ragione a Marina e ad Alessia
Il Portiere rigira quello che Marina ha detto e cerca di metterla in cattiva luce nel quartiere
P: Non pensare che tutti i marocchini siano dei ladri, cosa stai dicendo?? Perché lo so che voi occidentali pensate questo…

Ad un certo punto, magicamente, il problema sembra non essere mai esistito…
Z: vabbhé, vi lascio la casa un mese, datemi i 7000 dhs
P: ecco questa è la soluzione, cosi la chiudiamo qui, dategli i soldi
Alessia si accende di colpo
A: Ci fate fesse? Ma che credete? Adesso non esiste più nessuna famiglia??
Il portiere le dice qualcosa minaccioso…
A: lei non mi tratta cosi ha capito? Ma come si permette??
M: Se non c’è nessuna famiglia perché fare tutto questo? Secondo voi mi sono divertita ad impazzire per cercarmi un’altra casa in due gg?
Il portiere figlio di puttana rigira il tutto
P: Se avessi saputo che voi due eravate cosi, ve ne siete approfittate perché nn avete un contratto…avete creato tutti questi problemi…
M: Cosa? Guardi che qui deve essere chiaro che è stato Zohir a creare problemi, non noi!
A: Adesso siamo noi? Qui si cambia idea cosi e adesso siamo noi? E’ lui che se n’è approfittato!
Marina e Alessia propongono almeno 4 soluzioni:
M: quattro opzioni: a) mi lascia la casa fino al 16 agosto ma a soli 3500 dhs perché Alessia non sta più li, b) mi lascia la casa ancora 10gg a 1000 (3000/30X10), c) mi trovate un alloggio per un mese a non più di 3500 dhs, d) ci lasciate la casa fino ad agosto a meno:6000 dhs.
(i costi vanno tutti divisi per 10 per avere un’idea degli euro)

Z: ok, lascio la casa ancora 10 gg ma voglio più di 1000 dhs
Alessia e Marina si stanno proprio incazzando. Interviene Peppins, un altro stagista italiano che era li con loro da un po’ e fa notare che 1000 dhs sono il risultato di un calcolo matematico.
P: Ok, ha detto che va bene, ma…il 26, Marina, devi lasciare le chiavi.
Poi il portiere si gira verso Peppins e gli prende la mano
P: Con tutto il rispetto che ho per le ragazze, voglio la tua parola di uomo. (e girandosi verso Marina) Va bene?
M: No, non va molto bene perché la mano poteva stringerla a me anche se sono donna, comunque il 26 avrà le chiavi.

Pezzi di merda. Cosi la storia si conclude che resto fino al 26 in casa mia, poi mi sposto a casa di una collega che è in vacanza fino al 30 e poi una settimana nel salotto dell’altra collega. E verso il 10 agosto entro nella mia nuova casa.






giovedì 26 giugno 2008

i bambini migranti

Nonostante come donna questo paese d'estate rappresenti una quotidiana fatica, fortunatamente in questa stagione diventa teatro di diversi avvenimenti. Ecco infatti che a Rabat in questi giorni si sta svolgendo il 14° festival internazionale del cinema d'Autore.
Ieri sono quindi andata al cinema e ho visto un film messicano molto carino, Pieces détachées (titolo francese) che trattava il tema dell'emigrazione, in particolare minorile.

Ho pensato di tradurre un articolo (di Mohamed Akisra), uscito sul giornale marocchino Le Matin e di metterlo nel blog. Parla dei bambini migranti e si riferisce ad un'intervista fatta in Marocco. L'articolo era in origine più lungo, ma io ho preso solamente alcune parti che ritenevo maggiormente interessanti.

Migranti a 10 anni

La maggior parte dei minori intervistati hanno tra i 13 e i 16 anni. I più giovani (10 anni) sono originari di Tangeri, ma l’età media è di 15-16 anni. La maggioranza aveva già lasciato la scuola e lavorava in atelier o in fattoria. Il 15% degli intervistati sono bambine. Si vestono come maschi e sono esposte allo stesso tipo di aggressioni fisiche e sessuali. La più giovane ha 12 anni e la più grande 17. La presenza di giovani ragazze nel porto è indice della crescente “femminizzazione” del fenomeno della migrazione infantile, già menzionata in diversi studi. La maggior parte dei bambini intervistati sono andati a scuola (solo l’8% non è mai stato scolarizzato) La maggioranza ha lasciato la scuola al 6° anno di scuola, ma già prima della rottura definitiva cominciava ad assentarsi oppure il suo rendimento scolastico era minore. Le cause principali di abbandono dichiarate dai minori, sono il cattivo trattamento, la mancanza di motivazione, la scarsità di risorse economiche, le prime esperienze di lavoro e la migrazione.

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Contributo finanziario delle famiglie

Secondo l’inchiesta la maggior parte delle famiglie dei bambini candidati alla migrazione sono famiglie numerose, in cui vi sono in media 5 figli. Il 40% dei minori sottolineano l’assenza di uno dei genitori per decesso, divorzio, abbandono della famiglia (questo solitamente da parte del padre). Queste situazioni provocano un disequilibrio emotivo e una condizione di precarietà economica, soprattutto se il genitore assente era il capo famiglia. Il 50% delle famiglie vive con un reddito mensile medio di 1500 dh (circa 150 euro). Il 30% si trova in situazione economica precaria e non può quindi soddisfare i bisogni sociali di base. La maggior parte delle famiglie ignora il progetto migratorio dei figli.
Le famiglie che vivono fuori da Tangeri non sanno dove si trovano i figli e pochissime sono informate della situazione drammatica che vivono e i problemi a cui sono esposti sulla strada.

Le famiglie che appoggiano il progetto migratorio dei figli sono circa il 30% Il 70% disapprova, ma « non può fare nulla per tenere i bimbi a casa ». alcune famiglie contribuiscono finanziariamente per sostenere
i minori durante il tempo di attesa nel porto di Tangeri.

Almeno il 90% dei minori mantiene i contatti con la propria famiglia, anche se solo per telefono. Quando sulla strada le condizioni di vita diventano difficili, o che il periodo di festa si avvicina, i minori tornano a casa.
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Ribellione

Lo studio dell’emigrazione dei minori mette in luce come questi condividano un « immaginario collettivo » riferito all’emigrazione. Migrando i minori capovolgono un ordine sociale e sfuggono al controllo della società. E’ una forma di « ribellione » contro la loro « invisibilità ». e’ come se gridassero in silenzio « vado a vivere la mia vita, ciò che voi mi offrite non mi interessa ». La migrazione si trasforma perciò in un mezzo di potere che fa passare il minore da una situazione di dipendenza a quella di « decisore ».

Ricordiamo che il Marocco conta più di 3 milioni di emigrati che, con i loro transfert di denaro, costruiscono una politica micro-sociale del paese. Le rimesse degli MRE (migranti residenti all’estero) rappresentano le entrate principali per il paese. La migrazione diventa perciò una forma di promozione sociale in cui i minori acquistano un ruolo. Colui che emigra perciò “trionfa”


martedì 17 giugno 2008

concerto Jazz

Questo post è, in parte, un omaggio alla mia migliore amica.

A Rabat questo week end c'è stato il festival Jazz e io ho sentito degli olandesi e dei polacchi...

(eh magra consolazione.... sarebbe forse meglio avere una vita più appagante pur dovendo in tal caso rinunciare all'opportunità di descrivere quanto la vita sia stronza, come dici tu... eh, non lo so, sono i grandi dilemmi della vita. io personalmente, propendo per una via di mezzo, una vita abbastanza appagante, ma mai del tutto, in modo da lasciare sempre qualche angolino di emozione struggente. in fondo, cara, lo sai anche tu, sono momenti bellissimi questi, in cui ti fermi e ti guardi da fuori, e ti fai un po' pena, un po' tenerezza, un po' tristezza, ma in fondo ti senti, beh, senti di esistere!)

Poi mi sono ammalata...febbre...ma mi sono imbottita di medicinali come sono solita fare. Comunque sono felice che a Rabat ci sia qualcosa. Tra l'altro, non si capisce come mai, ma da un giorno all'altro si è cominciato a schiattare dal caldo.

venerdì 13 giugno 2008

Islam e verginità: la chirurgia “soccorre” le donne musulmane

Roma - Rifarsi una verginità ed essere pronte per un matrimonio islamico senza il rischio di vederselo annullato il giorno dopo la prima notte di nozze? Oggi bastano meno di tremila dollari, un’incisione semicircolare, una decina di punti di sutura riassorbibili e circa trenta minuti di tempo. Il New York Times racconta la storia di una giovane studentessa, francese di Montpellier ma di origine marocchina, che ha perduto la verginità a dieci anni a causa di un incidente mentre andava a cavallo e che nella cosiddetta imenoplastica ha trovato “la chiave per una nuova vita”. La ricostruzione chirurgica dell’imene, la membrana vaginale che di norma si rompe durante il primo rapporto sessuale, è una pratica alla quale - scrive il NYT – sembra fare ricorso un “numero sempre più alto di donne musulmane in Europa”. Con il crescere della popolazione islamica nel Vecchio continente, molte donne musulmane si sono trovate a vivere “tra le libertà che offre la società europea e le inamovibili tradizioni dei genitori e delle generazioni ancora precedenti”. “Nella mia cultura – ha detto la studentessa marocchina al New York Times – non essere vergine è scandaloso”. Una donna islamica che cresce in una più aperta società europea – afferma Hicham Mouallem uno dei chirurghi che effettua l’imenoplastica – si espone al “rischio probabile” di avere rapporti sessuali prima del matrimonio e “se si ha intenzione di sposare un uomo di religione musulmana e non si vogliono problemi, è possibile cercare di ricostruirsi la verginità”. Scrive ancora il quotidiano statunitense: “Secondo i ginecologi, negli ultimi anni il numero delle donne di fede islamica che hanno richiesto certificati di verginità per mostrarli a qualcuno è cresciuto”. Un fenomeno che a sua volta ha aumentato la domanda per interventi di questo tipo che “se effettuati con cura” sono, secondo i chirurghi estetici, praticamente impossibili da scoprire. Inoltre il servizio – nota il NYT – è largamente pubblicizzato su internet, dove è addirittura possibile trovare ‘pacchetti di viaggio’ verso paesi come la Tunisia dove l’intervento è molto meno costoso”. Sull’argomento, secondo il quotidiano Usa, “non esistono statistiche attendibili perché la procedura è per lo più effettuata in cliniche private e nella maggior parte dei casi non gode della copertura di piani assicurativi finanziati dallo Stato”. La riparazione dell’imene è un argomento di cui negli ultimi tempi si parla molto e al quale due registi italiani hanno di recente dedicato un film. Corazones de Mujer è il titolo. Dietro la macchina da presa ci sono Davide Sordella e Pablo Benedetti che – hanno spiegato – data la delicatezza dell’argomento hanno deciso di firmarsi con il nome collettivo di Kiff Kosoof (in arabo, “Eclisse”) “per quello che era successo a Theo Van Gogh, per proteggerci”. La pellicola, completamente autoprodotta, costata appena 50 mila euro e scelta dal Festival di Berlino per la sezione Panorama, narra la storia (vera) di un sarto travestito di origine marocchina e di una promessa sposa araba che vive a Torino e che insieme a lui si reca a Casablanca per sottoporsi all’operazione e recuperare la verginità perduta. L’argomento è particolarmente sentito anche in Francia dopo che, un paio di settimane fa, una sentenza pronunciata a Lille ha decretato l’annullamento del matrimonio di una coppia di musulmani francesi dopo che il marito ha scoperto che la sposa non era vergine come aveva dichiarato di essere. Come racconta il New York Times, l’uomo, un ingegnere di circa trent’anni, in seguito alla deludente scoperta “ha abbandonato il letto nuziale ed è andato ad annunciare agli ospiti ancora in festa che la sua sposa gli aveva mentito”. La bugiarda – aggiunge il NYT - “è stata riconsegnata sulla porta di casa dei genitori la notte stessa”. Il giorno seguente lui s’è rivolto a un avvocato per e lei, pentita, “ha confessato e ha acconsentito all’annullamento”. La Corte che ha preso la decisione non ha menzionato questioni religiose parlando semplicemente di “rescissione di contratto”, in quanto l’anonimo ingegnere aveva preso la decisione di sposare la donna perché gli era stata presentata come “libera e illibata”. Riferisce ancora il quotidiano statunitense che “secondo femministe, avvocati e medici, l’accettazione da parte di una Corte di un ruolo tanto centrale della verginità nel matrimonio finirà per incoraggiare sempre più donne, francesi ma di background culturale islamico, a sottoporsi alla ricostruzione chirurgica dell’imene”. “Chi sono io per giudicare?”, commenta Marc Abecassis, il chirurgo che ha effettuato l’imenoplastica alla studentessa di Montpellier. “Alcuni miei colleghi negli Stati Uniti hanno pazienti che si sottopongono all’intervento per fare un regalo di San Valentino al marito. Quel che faccio io non è per divertimento: le mie miei pazienti – conclude Abecassis – non hanno scelta se vogliono trovare la serenità. E un marito”. (Andrea Di Nino-Il velino cooperazione)

giovedì 12 giugno 2008

Lione

Questo week end sono stata a Lione, con una falsa offerta EasyJet che mi è costata 100 euro. Nonostante ciò, l’ho trovata più onesta di Jet4you, che finge di offrirti un volo da 10 euro e poi aggiunge tasse fino a raggiungere i 100!
Lione è molto bella, molto francese, nobile. Assomiglia in molte cose a Torino. Ad esempio ci sono i torelli verdi, però più bassi. Poi c’è una piazza che ha le fontane per terra come Piazza Castello e i palazzi sono tutti ben rifiniti come quelli torinesi.


C’erano sparsi per la città i leoni lavorati dai vari artisti, quelli che c’erano anche a Torino qualche mese fa insieme ai tori. A Lione questo week end c’erano leoni e, al posto dei tori torinesi, gli orsi canadesi, in occasione di non ricordo più quale evento artistico.

Ci sono tantissimi ristoranti orientali, tra cinesi, giapponesi, coreani, indiani…abbiamo anche preso della frittura al wok niente male che ci siamo mangiati sul letto in albergo: era divina. Poi abbiam mangiato francese (questa famosa quenelle lionese che sinceramente non so descrivere né ho capito cosa sia, ma mi ricordava un qualche pezzo di pane del gulasch mangiato in Polonia).

Sono stata bene: per due giorni mi sono rilassata e ho finalmente riso e avuto voglia di parlare di nuovo.

Comunque Lione è cara e il prezzo minimo di un menù alla francese, per tornare al cibo che ci piace sempre, è di 14 euro (mentre a Bordeaux scendeva anche a 12).
Passare così, velocemente dall’Europa è stato destabilizzante e poi è stato strano perché invece di tornare a Torino sono andata a Lione, in Francia, territorio neutro secondo i miei calcoli. Però sono svelta svelta entrata in un supermercato e ho comprato dei quadrettini di pancetta (gnam gnam carne di porco) per portarli a Rabat e farci una bella pasta coi ciccioli. Ora si è deciso infatti che chi va in Europa porta qualcosa per la Family, idea di Alessia.