martedì 25 marzo 2008

Ceuta

Visto che siamo arrivati fino a Tangeri, io ed Ale abbiamo anche deciso di attraversare la frontiera…
Un altro mondo. Chiaramente ricco e forse ostentatamente diverso.
Tutto sembra fatto col righello, anche il mare.
Appena varcata la frontiera, ci sono le colorate baraccopoli marocchine e si è in Spagna.
C’è poco da dire, è tutto studiato, è tutto pulito, è tutto curato. Abbiamo mangiato pesce, le cozze per l’esattezza, particolare importante perché a Rabat e in genere in Marocco (salvo a Casablanca e a Tangeri) si trova quasi esclusivamente pesce fritto (a meno che non si voglia spendere).

In Spagna erano in piena campagna elettorale e a Ceuta quindi anche. Era un po’ come in Réunion, quando sorridevo nel vedere i cartelloni del referendum sulla Costituzione europea pensandomi geograficamente in Africa e culturalmente in Francia.

A tratti una tristezza infinita…a tratti amen, ormai è andata…Comunque tra Spagna e Marocco c’è una distanza minore che tra Francia e Réunion…!

lunedì 17 marzo 2008

Tangeri

Mollata la Bibi a casa, ad attendere il suo fanciullo Michele detto Sminkius, io e Alessandro abbiamo deciso di andare a Tangeri.
Alessia era rimasta anche lei a Rabat per alcune interviste.

Tangeri…Pioveva. Bellissima. Particolare.
Forse è la città che alla fine mi è piaciuta di più, essendo io in parte introversa/malinconica/solitaria/sognatrice…bho…

Alessandro ha rischiato di scivolare per due giorni sulla strada bagnata di questa città di porto piena di cannoni.
A Tangeri sono passati tutti, spagnoli, inglesi, francesi e oltre alle moschee si vedono anche la cattedrale spagnola (bruttissima, bianca, spoglia) e la chiesa anglicana (con il guardiano Mustafà, vecchietto simpatico).

Abbiamo anche incontrato Abdu, originario di Tangeri, che ci ha gentilmente offerto un passaggio nella macchina dei suoi amici.

Così per tornare a Rabat ci abbiamo messo 2 ore e mezza invece che 6 di treno. In compenso, da ebete che sono, ho dimenticato la mia macchina fotografica nell’automobile di Nourredine, l’amico di Abdu…Speriamo che non la rivenda per pagarsi un viaggio in Europa (ma forse non gli basta)!

giovedì 13 marzo 2008

Rabat

Questa volta abbiamo deciso di restarcene a casetta nostra, a riposarci e a gustarci la città.
Avevamo un ospite, Alessia, vecchia compagna di Erasmus a Bruxelles di Dennis ed Elisa (amici miei), impegnata in una tesi rischiosissima sull’entourage politico del re, il Makhzen, ovvero il Potere.




A causa sua siamo stati seguiti dai servizi segreti e abbiamo scoperto di essere
controllati in ogni nostro movimento da una rete di potere cosi ramificata da arrivare fino al quartiere. Un meccanismo di protezione e di controllo allo stesso tempo…mah…

In realtà abbiamo fatto ben poco, non molto altro che fagocitare ogni sorta di leccornia ci passasse sotto il naso nei pressi della Casbah, che a Rabat è bianca e blu. Praticamente abbiamo passato due giorni a fare i cretini.


A Rabat però c’è anche Cellah, l’antica città romana, un posto magico in cui sedersi a pensare o a dormire o a mangiare qualcosa o a leggersi un libro e ci sono anche il Mausoleo e la Torre di Hassan, proprio dietro casa nostra.

La Bibi, l’etrusca della compagnia, vede la Torre dalla sua finestra e vi assicuro che alle cinque del mattino, quando le nuvolette si incrociano con le prime luci dell’alba, è uno spettacolo fantastico.




martedì 11 marzo 2008

Marrakech


Marrakech è chiassosa, troppo per i miei gusti. Ed è estremamente turistica, caratteristica che, per quanto mi riguarda, contribuisce a farle perdere gran parte della sua bellezza. Non appena mette piede nella piazza principale, la Djemaa el-Fna, il turista è chiamato da ogni dove da chi vuole leggergli la mano, da chi vuole fargli la decorazione di henné dove più gli piace, da chi vuole mettergli una scimmiotta con il pannolone sulla spalla, da chi gli vuole suonare e danzare una musichetta berbera, da chi tenta di avvitargli al collo un serpente...una baldoria incredibile. E non puoi fare una foto senza che ti chiedano dei soldi.

Alla sera però questa piazza, dichiarata nel 2001 dall’Unesco un “capolavoro del Patrimonio orale e immateriale dell’Umanità”, diventa bellissima, illuminata da mille lucine e ricca di ristoranti che appaiono solo al tramonto. Noi ce la siamo guardata per un’oretta dalla terrazza di un café, mentre gustavamo il tanto amato thé alla menta (o menta al thé, dipende da come la si pensa) dolcissimo quasi nauseante per alcuni.


Il giro nel souk era chiaramente da farsi, anche se in questo caso si è dimostrato oltremodo faticoso perché nuovamente si è ripetuta la scenetta dei commercianti che ti chiamano e ti invitano ad entrare nei loro negozi e a guardare la loro merce, tirando ad indovinare la tua nazionalità: “Français? English? Español? Italiano? Ah bene, come stai? Entra entra” e via di seguito…
Siamo poi finiti in un’erboristeria, dove il Dottor Zivago (ha deciso di presentarsi così!) ci ha fatto una panoramica delle erbe, degli afrodisiaci e dei profumi presenti nel suo negozio e, dopo gli innumerevoli acquisti (sapone nero per levarsi le cellule morte dalla pelle, olio di hargan per viso e corpo, spezie varie) ci ha condotti su una terrazza per vedere la città e poi, astutamente, in un negozio di scialli dove ho avuto la tentazione di svuotarmi il portafoglio.
Lì abbiamo fatto i beduini coi foulard e poi siamo tornati a visitare la città, incontrando anche l’amico colombiano di Alessandro, Andrès, che con la sua amica argentina aveva deciso di mollare il grigio cielo belga e gettarsi nel bordello marocchino.

Meknès

La città di Meknès ha un fascino nascosto. Gli elementi sembrano pochi: mura, spazi ampi, moschee. Ti rimane addosso una sensazione di “antico” quando te ne vai.




La piazza principale, place el-Hedim è grandissima, contornata da ristorantini, localetti o baracchini, dove si possono consumare ottime spremute d’a
rancia fatte sul momento.



Attraversata la strada, tra le mura, c’è la porta verde Bab el-Mansour, di rara bellezza.


Pur di non perdere, neanche questa volta, l’occasione di fare i cretini e i turisti viziati, abbiamo deciso di fare il giro della città in carrozza come dei veri nobilotti e andarci a vedere il Palazzo Reale che, come in tutte le città, non si può fotografare (anzi, le guardie se ti beccano pretendono che la foto venga cancellata davanti ai loro occhi).
Abbiamo anche, come è giusto fare in queste città arabe, fatto il giro nel souk, colorato e chiassoso, imbattendoci di tanto in tanto in moschee e madrase (scuole coraniche) sparse per la città. Normalmente nelle scuole coraniche è possibile entrare, mentre in moschea no, fatta eccezione per l’enorme e modernissima moschea di Casablanca.

martedì 4 marzo 2008

Manif a Rabat

(le foto non hanno nulla a che vedere con il post)

Ieri sera, lunedi 3 marzo, alle h.19.30 circa, il taxista mi ha mollata al Mercato Centrale.
Dovevo incontrare Roberta, la mia compagna di università in visita ad amici marocchini e congolesi qui a Rabat, che, in quel momento, si stava strafogando in una delle tante pasticcerie della città. Il taxista, non conoscendo la pasticceria, mi aveva mollata li, nel casino generale, tra le luci del mercato, il traffico e la folla. Uomini, tanti, fischiavano all’unisono. Cos’era? Ero appena stata inconsapevolmente (brava pirla) smollata nel bel mezzo di una manifestazione, probabilmente di giovani disoccupati.
Cercando di capire, ma neanche troppo, cosa stava succedendo mentre aspettavo Roby, i fischi aumentavano e la gente cominciava a gridare. Mi sono piazzata di fianco all’unico agente di polizia che ho trovato (ideona!) che smanettava con una radiolina e guardava divertito la folla.
Poi si sono messi a correre. Tutti. Nella mia direzione.
In quei due nano secondi nella mia mente i seguenti 300.650 pensieri: “Cazzo vengono tutti di qui? Cazzo, corro? Cazzo, dove sta la pula, da che parte quindi corro? Cazzo, ma devo venire in Marocco a farmi menare dalla pula? Cazzo Roby ti odio. Cazzo, ora corro. Cazzo Cazzo Cazzo.” Alla fine mi sono piantata dietro un cartellone pubblicitario mentre la folla si apriva per non sbatterci contro. Poi si sono fermati.
Nel frattempo l’Agente di Polizia mi indicava e rideva parlando in arabo. Maledetto, si divertiva anche, lo stronzo!