martedì 11 marzo 2008

Marrakech


Marrakech è chiassosa, troppo per i miei gusti. Ed è estremamente turistica, caratteristica che, per quanto mi riguarda, contribuisce a farle perdere gran parte della sua bellezza. Non appena mette piede nella piazza principale, la Djemaa el-Fna, il turista è chiamato da ogni dove da chi vuole leggergli la mano, da chi vuole fargli la decorazione di henné dove più gli piace, da chi vuole mettergli una scimmiotta con il pannolone sulla spalla, da chi gli vuole suonare e danzare una musichetta berbera, da chi tenta di avvitargli al collo un serpente...una baldoria incredibile. E non puoi fare una foto senza che ti chiedano dei soldi.

Alla sera però questa piazza, dichiarata nel 2001 dall’Unesco un “capolavoro del Patrimonio orale e immateriale dell’Umanità”, diventa bellissima, illuminata da mille lucine e ricca di ristoranti che appaiono solo al tramonto. Noi ce la siamo guardata per un’oretta dalla terrazza di un café, mentre gustavamo il tanto amato thé alla menta (o menta al thé, dipende da come la si pensa) dolcissimo quasi nauseante per alcuni.


Il giro nel souk era chiaramente da farsi, anche se in questo caso si è dimostrato oltremodo faticoso perché nuovamente si è ripetuta la scenetta dei commercianti che ti chiamano e ti invitano ad entrare nei loro negozi e a guardare la loro merce, tirando ad indovinare la tua nazionalità: “Français? English? Español? Italiano? Ah bene, come stai? Entra entra” e via di seguito…
Siamo poi finiti in un’erboristeria, dove il Dottor Zivago (ha deciso di presentarsi così!) ci ha fatto una panoramica delle erbe, degli afrodisiaci e dei profumi presenti nel suo negozio e, dopo gli innumerevoli acquisti (sapone nero per levarsi le cellule morte dalla pelle, olio di hargan per viso e corpo, spezie varie) ci ha condotti su una terrazza per vedere la città e poi, astutamente, in un negozio di scialli dove ho avuto la tentazione di svuotarmi il portafoglio.
Lì abbiamo fatto i beduini coi foulard e poi siamo tornati a visitare la città, incontrando anche l’amico colombiano di Alessandro, Andrès, che con la sua amica argentina aveva deciso di mollare il grigio cielo belga e gettarsi nel bordello marocchino.

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